in ,

Caro prezzi e gli equilibri sostenuti dalle imprese (spesso dimenticate)

Le aziende resistono nonostante l'infalzione e i costi cresciuti a dismisura ph Pixabay by Pexels

Perdita di marginalità, ma capacità di resistenza ai rincari in particolare di energia, così come di materie prime e trasporti: questa è la forza delle aziende italiane, incluse quelle del settore fitness e piscina, più penalizzate di altre

È una sfida impegnativa, ancora lontana dal chiudersi, anche se sono tante le aziende che stanno risalendo la china, dopo tre anni di difficoltà spesso taciute, o peggio, ignorate. Ognuno si è arrangiato, ma il denominatore comune delle imprese, che stanno resistendo e ritrovando il vigore pre-pandemico, è la perdita di marginalità.

Questo emerge da un articolo di ripartel’italia.it che fa un quadro generale dell’industria nazionale, richiamandosi alle parole del presidente di Confindustria Bonomi. E fra le imprese, rientrano a pieno titolo, le società della filiera di palestre e piscine che spesso hanno sofferto di più o come i centri sportivi, messi in ginocchio da 30 mesi tremendi, peggiorati dal caro bollette dell’ultimo periodo.

Il carrello della spesa ne risente e le imprese, fra costi in crescita, prezzi ridotti per vendere e perdita di amrginalità, spesso soffrono, ma resistono: anche nel fitness e nelle piscine pk Karolina Grabowska by Pexels

Silenti e con grande capacità di resistere, anche queste Imprese stanno cominciando a rivedere il sereno, nonostante alle spalle si lascino pesanti perdite e indebitamenti che graveranno sulle casse aziendali per almeno il prossimo decennio.

Per molti versi, si tratta della medesima grande difficoltà che hanno dovuto e stanno tuttora affrontando le società titolari o di gestione di palestre e piscine, configurabili come imprese/società commerciali. La forza di resistere a certe avversità è l’elemento che accomuna il comparto sportivo, dove gli attori come centri sportivi e aziende fornitrici hanno condiviso il periodo di altissimo rischio, superandolo insieme progressivamente, fino a costruire, rinnovandosi, investendo e sapendo cambiare/adattarsi, un rilancio che potrebbe consolidarsi definitivamente nel corso del secondo semestre 2023.

Diverse imprese del fitness hanno beneficiato inzialmente della spinta dell’ home fitness, subendo però poi il contraccolpo negativo per le lunghe chiusure di palestre e centri sportivi ph Mikhail Nilov by Pexels

Una constatazione: nel testo che segue e che fa una panoramica sul settore industriale e produttivo del Paese, nessun riferimento è stato fatto al comparto sportivo: alle volte dovremmo porci la domanda sul nostro “nulla” che rappresentiamo per gli istituiti di ricerca, ma anche per le istituzioni, i vertici confindustriali e, in generale, per l’opinione pubblica. A noi viene troppo spesso riservato spazio nel dimenticatoio collettivo.

Questo l’articolo che illustra la situazione industriale-aziendale nazionale

CARO PREZZI, LE IMPRESE RESISTONO MA CON MENO MARGINI | L’ANALISI

Secondo il Rapporto dell’Istat sulla competitività dei settori produttivi, le imprese in Italia sono state mediamente resilienti rispetto alla crescita sostenuta dei costi dell’energia e dei beni intermedi registrata nel 2022. Ma in molti casi hanno dovuto ridurre i loro margini di profitto. Il report, presentato a Milano, ha evidenziato come le imprese italiane siano riuscite a resistere di fronte all’impennata dei prezzi, in molti casi riversando l’aumento dei costi sui propri clienti, e a mantenere i volumi.

Hanno registrato buoni risultati soprattutto le imprese di costruzioni che hanno beneficiato delle regole sul Superbonus, ma anche quelle del terziario che hanno visto nel 2022 una ripresa della domanda, soprattutto grazie all’esaurimento della pandemia. I consumi delle famiglie in parte hanno tenuto nonostante l’aumento dei prezzi grazie al margine di risparmio che era aumentato durante la pandemia.

ph Pixabay by Pexels

«L’industria italiana» ha detto il presidente della Confindustria, Carlo Bonomi «ha dimostrato di essere forte e capace di stare sui mercati internazionali. È un asset strategico del Paese. Siamo molto contenti di sentire il presidente del consiglio che non vuole disturbare chi fa impresa e che non si crea lavoro per decreto ma lo creano le aziende. Ma chi più dell’imprenditore sa di cosa hanno bisogno le imprese. E quindi ogni tanto qualche suggerimento andrebbe colto». Per le imprese italiane della manifattura, segnala l’Istat, «l’adeguatezza della propria capacità produttiva, il grado di utilizzo degli impianti e le condizioni di accesso al credito forniscono indicazioni compatibili con una fase di potenziale indebolimento della domanda» nel primo semestre del 2023.

Le criticità sono legate soprattutto ai costi di approvvigionamento sull’energia (70,3% delle imprese) e i beni intermedi (59,5%) ma in alcuni casi anche alla disponibilità dei beni necessari alla produzione (28,7%, medio ma con picchi superiori al 75% per altri mezzi di trasporto). Anche nei servizi, le criticità previste per il primo semestre 2023 riguardano in larghissima misura i rincari energetici (circa i due terzi delle imprese) e quelli dei beni intermedi (oltre la metà). Ma, a differenza della manifattura, un terzo delle unità del terziario prevede anche serie limitazioni nel reperire forza lavoro adeguata, in particolare per le attività a più elevato contenuto di conoscenza (circa il 60% per i servizi legati all’Ict) e per quelle legate al turismo (il 40%).

ph Lex Photography by Pexels

Per il settore della ristorazione, secondo il Rapporto della Fipe-Confcommercio, è tornata la domanda ma sono cresciuti i costi soprattutto a causa della bolletta energetica. «I pubblici esercizi hanno dovuto fare i conti – si legge – con l’impennata dei prezzi dei prodotti alimentari ed in alcuni casi con la difficoltà di approvvigionamento per alcuni prodotti e soprattutto con i prezzi fuori controllo della bolletta energetica». Rispetto a inizio 2022 a fine anno il margine operativo lordo (Mol) è diminuito per oltre la metà delle imprese della manifattura mentre per il 5% dei casi è diventato negativo.

Solo il 30,9% delle imprese è riuscito a salvaguardare i margini e l’8,8% li ha addirittura aumentati. Nel terziario i margini delle imprese sono diminuiti nel 45,3% delle unità, e nel 3,3% sono divenuti negativi. Poco più della metà delle imprese, al contrario, è riuscita a difendere i margini, lasciandoli invariati (37,8%) o aumentandoli (12,8%). Nella manifattura le imprese hanno reagito all’aumento dei costi energetici e dei beni intermedi aumentando i prezzi (il 60% delle aziende per l’energia, il 67% per i beni intermedi). Nel terziario l’aumento dei prezzi di vendita è stato meno diffuso (è stato utilizzato da poco più del 30% delle unità, ma in quelle del turismo la quota supera il 56%); si è fatto invece maggiormente ricorso alla riduzione dei margini di profitto (46,5%), al risparmio energetico e alla ricerca di autosufficienza energetica.

Fonte: ripartelitalia.it

Scritto da redazione