A meno di tre anni dal grande appuntamento vanno assegnati i lavori per progetti che dovranno essere sostenibili gestionalmente anche dopo la manifestazione tanto attesa: le piscine da 50 metri saranno uno spreco?
L’APPROFONDIMENTO DEL WEEKEND
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Uno dei problemi dello sport italiano è quello impiantistico-sportivo in generale e riferito ai grandi eventi in particolare. Sicuramente hanno un peso fondamentale in termini di immagine, su PIL e turismo che beneficiano del rilevante indotto alimentato dallo sport, ma anche sui costi e su opere incompiute o non più utilizzate dopo ogni grande manifestazione sportiva.
Noi, come operatori del mondo piscine, abbiamo tutti molto chiaro cosa avvenne in occasione dei Mondiali di Nuoto del 2009, con un numero spropositato di impianti approvati e cantierati (si parla di 84 nel Lazio) buona parte dei quali sono poi rimasti cantieri, zone cementificate, piscine, con ristoranti e foresterie, al grezzo e senza futuro.

Fra queste anche l’area di Tor Vergata (La Città dello Sport, progettata da Calatrava, inizialmente doveva essere la sede dei mondiali), sui cui sono stati già investiti centinaia di milioni di euro, senza che il polo sportivo, da cantiere avanzato, abbia mai avuto un seguito; da qualche anno si parla di riprendere quel progetto lasciato deperire nel corso degli anni. Con fior di investimenti stabiliti nel 2020: 300 milioni di euro divisi in 100 per anno, mentre per il Giubileo si sarebbe destinata una cifra “simbolica” di 70 milioni di euro. Forse una delle opere più costose al mondo per restare alla fine un progettone faraonico al grezzo?

In questi giorni siamo anche alle prese con l’Olimpiade Milano-Cortina, dove sono molto in ritardo i lavori degli impianti, ma con il grosso scoglio della pista da bob il cui costo dovrebbe essere superiore a 124 milioni di euro (fonte Il Fatto quotidiano; ma l’appalto indica un valore di “soli” 89 milioni). Certo, non si può rinunciare al bob in un’olimpiade invernale, ma spendere cotanta cifra per l’uso limitato a questo evento (così è stato per la pista realizzata in occasione giochi invernali del 1956: mai più usata da allora, se non episodicamente…). In tal senso, anche se fuori confine, la proposta di Innsbruck di utilizzare la propria pista da bob (12 milioni di euro la richiesta) non sarebbe proprio insensata, anche per non attingere milionate di euro dalle già esangui casse del nostro Paese.
Perché parlare di impianti sportivi con un piglio un po’ negativo? l’occasione ce la dà la notizia che ha pubblicato qualche giorno fa ItaliaOggi via social e che qui riportiamo fedelmente:

Giochi del Mediterraneo a Taranto, appalti entro marzo 2024
È quanto affermato dal commissario di governo dei giochi del Mediterraneo Massimo Ferrarese, incontrando oggi pomeriggio il sindaco di Taranto, Rinaldo Melucci, e la sua struttura tecnica, come riportato dall’Agi
“La situazione oggi è chiara, non è più nebulosa come sino a qualche giorno fa. Sappiamo di avere dei progetti definitivi e opere su cui dobbiamo decidere“, le parole di Ferrarese
“Le opere principali di Taranto devono sicuramente essere appaltate massimo entro marzo 2024“, ha affermato il commissario
Ricordiamo che la ventesima edizione dei giochi di giugno 2026 è stata assegnata a Taranto, con 4mila atleti partecipanti da 26 Paesi
Ora, forse non tutti sanno che fra gli impiantì da realizzare a Taranto c’è anche lo “Stadio del Nuoto” con ben due vasche da 50 metri una indoor e l’altra outdoor. La città pugliese sarà anche quella che ha dato in natali alla fenomenale Benedetta Pilato, ma pensare di realizzare un’opera costosissima in partenza e onerosissima negli anni a seguire per i costi gestionali e per un bacino decisamente insufficiente a garantire flussi di utenza ed entrate necessarie, non è solo un azzardo, ma un fallimento annunciato.

Inoltre, non garantirà nessun particolare beneficio alla popolazione locale, salvo ad atleti e società agonistiche di Taranto e comuni limitrofi che avrebbero diritto di avere una vasca da 50 scoperta (sulla coperta, visti i costi di gestione, saremmo preclusivi), ma dai requisiti meno onerosi, con indirizzo solo agonistico e gestione/spese tutte a carico del pubblico (quindi dell’amministrazione locale e oneri condivisi a livello intercomunale/territoriale).

Onestamente verrebbe da suggerire di realizzare sì un complesso acquatico moderno, utile forse per alcune delle discipline natatorie previste dai Giochi del Mediterraneo, ma per la vasca da 50 metri sarebbe molto meglio o una piscina temporanea, come avviene in molti eventi di cartello e come è avvenuto agli Europei di Roma di un anno fa, o appoggiarsi a quella/e del sontuoso complesso di Bari. Un polo natatorio realizzato decenni fa, potenziato sempre per i Giochi del Mediterraneo (1997) e, da allora, prevedibilmente sottoutilizzato, con un crescendo di problemi manutentivi e di costi insostenibili che hanno portato all’inagibilità e alla chiusura della piscina scoperta. Si noti che per il solo ripristino della vasca olimpionica outdoor dello Stadio del Nuoto barese, chiuso da tre anni, servono più di 3 milioni di euro e ulteriori milioni di euro saranno necessari per sistemare il tetto della parte indoor: a fronte di questi investimenti ineludibili non varrebbe la pena utilizzare lo Stadio del Nuoto di Bari anziché realizzare un nuovo grande impianto a Taranto destinato ad un declino simile a quello del capoluogo pugliese?

Ma le teste “illuminate” di certi esponenti delle istituzioni non vogliono sentire ragioni: nella città di Benedetta Pilato, ancor più per i Giochi del Mediterraneo, la vasca olimpionica s’ha da fare. Così lo scorso aprile è stato approvato il progetto dello Studio MDU Architetti: costo poco inferiore a 16 milioni di euro, per un complesso natatorio dai volumi ovviamente molto impegnativi.
Follia che pagheranno i contribuenti tarantini e italiani, con un impianto che non risponderà minimamente ai bisogni della collettività e con costi di gestione tali, per cui, dopo un biennio, il centro natatorio resterà definitivamente chiuso, avendo al contempo arrecato grave danno alle piscine locali per sottrazione di clientela e attività.

Confidiamo che i vertici CONI, governativi, regionali e tarantini rivedano la questione non pensando ai soli Giochi del Mediterraneo, ma ai costi pre-manifestazione e, soprattutto, post, per non lasciare al popolo italiano e ai cittadini di Taranto un altro monumento dello spreco, inutilizzato e destinato a divorare risorse fino alla sua preconizzabile definitiva chiusura.
