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Giustizia sportiva e le situazioni stucchevolmente imbarazzanti

Lo Sport in generale e la Ginnastica Ritmica in particolare richiedono un giustizia sportiva più credibile ph photowithartur by freepik

Il giudizio della procura federale sulla delicata questione della Ginnastica Ritmica ha suscitato reazioni forti e contrariate ai vertici sportivi e di diverse testate giornalistiche di primo piano

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Il pronunciamento della procura federale della Federginnastica, con le premesse poco persuasive registrate in precedenza, era atteso con poca fiducia, ma il procuratore federale Rossetti è decisamente riuscito a superarsi: essere capaci di esprimere giudizi che hanno dell’imbarazzante per chi è dotato di coscienza e sa distinguere i valori educativi e formativi dello sport, ora richiamati anche dalla Costituzione italiana, da comportamenti vessatori e volti ad umiliare e calpestare la dignità e il rispetto di una persona (l’atleta: minore, maturo, in erba o adulto che sia) è una riconferma che la giustizia nello sport non esiste ed è governata da figure inadeguate.

E definire un soggetto “colpevole di eccesso di affetto” è un vero capolavoro dell’ossimoro che non ha precedenti, un primato tutto ascrivibile al procuratore federale Rossetti.

Il procuratore federale della Federginnastica, Michele Rossetti

Dopo i fatti incresciosi registrati nel mondo della Ritmica, dove diverse figure tecniche sono state chiamate in causa e sospese dall’attività (la giustizia ordinaria sta facendo il suo corso) per comportamenti lesivi dell’equilibrio mentale, fisico e comportamentale di atlete quasi tutte minorenni, parlare della condotta di una CT della nazionale di Ritmica come di un“eccesso di amore” per le proprie atlete (Anna Basta e Nina Corradini) che, affrancatesi dalle pressioni psicologiche e di sudditanza cui erano costrette, hanno avuto il coraggio di sporgere denuncia, significa esprimere giudizi irresponsabili a danno di tutto il movimento della ginnastica, estendendo questa influenza negativa all’intero settore sportivo.

Onestamente, noi di wbox siamo di estrazione natatoria e mai fra i tecnici di club e quelli della nazionale si ricorda di eccessi di cui sono state capaci certe figure tecniche della Ritmica. Sì, negli anni 80 e 90 si ha memoria di allenatori che pretendevano rigorosa disciplina – sicuramente ancora oggi la pretendono – e costringevano atleti ad allenamenti al limite, ma sempre nel binario dei valori sportivi – certo, per le atlete della SNAM degli anni ’80 nuotare 30 chilometri/die in tre sedute, con allenamento della mattina alle 7.00, acqua a 24°C e riscaldamento di avvio training facendo 1700 mt a gambe non doveva essere una piacevole esperienza, ma nessuna delle atlete ha mai rinnegato il proprio coach Ermanno Patorno, sempre rispettoso della persona, pur se piuttosto rigido nel metodo.

Roberta Felotti, grande campionessa degli anni ’70-’80 allenata allora da Ermanno Patorno, coach che ha portato in nazionale diverse ottime atlete

Non è la prima volta che esprimiamo riserve sulla giustizia sportiva, in genere autoreferenziale per la federazione cui fa capo, ma nella circostanza ancor più in difetto circa terzietà. D’altronde lo stesso Abodi, per la specifica vicenda, ma anche per altri fatti, aveva già sollevato diversi dubbi su come oggi agisca la giustizia sportiva, troppe volte disallineata alla giustizia ordinaria: segno che le riserve non sono solo nostre.

La direttrice tecnica di punta della Ritmica, per avere un’idea della persona che è, bisognerebbe conoscerla e osservarla, sapendo però cosa significhi allenare ad alto livello e quali peso e ricadute abbiano parole, espressioni e coercizioni su degli atleti che dipendono dalle decisioni del coach; ancor più se minorenni, che trascorrono 330-340 giorni l’anno presso un centro federale, dove dieci ragazze passano le loro giornate lontane dalle famiglie, senza rapporti con altri coetanei, in alloggi discutibili come comfort, allenandosi tutti i giorni 7-8 ore, per chiudere la giornata con lo studio. Sicuramente soggetti che avrebbero necessità di un certo sostegno psicologico, che va al di là degli eccessi di affetto di cui possiamo immaginare sia capace codesta allenatrice.

Bambine o atlete più grandi, finanche di vertice, devono vivere l’esperienza dello sport con entusiasmo e non con l’angoscia di essere giudicate con disprezzo o ridicolizzate ad ogni seduta ph master 1305 by freepik

La notizia del “perdono” sostanziale ( l’ammonizione comminata suona tale) di Manuela Maccarani non solo è una (gravissima) contraddizione in termini, ma ha suscitato reazioni piuttosto piccate o talvolta prudenti in attesa di un pronunciamento della procura ordinaria che potrebbe essere meno accomodante nella lettura dei fatti che vedono protagonista l’allenatrice capo e la sua vice di origine russa (Tishina), nazione famosa nel mondo della Ritmica sia perché è la più vincente, ma soprattutto per metodi e soluzioni non certo qualificabili come carinerie verso le atlete: nulla di diverso da quello che accade in certi regimi autoritari, con  un richiamo storico alla DDR; uno stile “educativo” che accomuna la selezione e la “forgiature” di atleti in Cina o in Bielorussia. Vogliamo forse un’Italia sportiva così inquadrata per contare su alteti vincenti? Gli Azzurri di tante discpline stravincono, senza che si arrivi a certi eccessi inaccettabili per la salute fisica e mentale di qualsiasi atleta. Ed è bene appurare che questo non avvenga nemmeno nel mondo della Ginnastica Ritmica.

Va ricordato che la Maccarani è stata accusata, dalle menzionate sue due atlete della nazionale, di comportamenti che hanno fortemente compromesso la loro salute fisica e mentale, annullandole, umiliandole, disamorandole totalmente dello sport per cui hanno sacrificato anni della loro adolescenza e trascorrendo poi lunghi periodi in cura da psicologi: la sua colpa sarebbe quello di “eccesso d’affetto” per delle atlete che, secondo l’illuminato procuratore Rossetti,  sarebbe stato più giusto allontanare subito dalla prima squadra delle Farfalle, perché non più all’altezza di essersene parte.

Con richiamo alle reazioni, si sono scomodati fra il sorpreso e il contrariato, penne famose come Massimo Gramellini sulla prima pagina del Corriere della Sera (il link del suo pezzo è accessibile agli abbonati https://www.corriere.it/caffe-gramellini/23_settembre_30/eccesso-d-affetto-c188dcda-5f4a-11ee-90c1-070c3d4c594b.shtml) quotidiano che ha dedicato alla vicenda Maccarani-Ritmica più articoli in questi giorni.

Il ministro dello sport Andrea Abodi non ha gradito il giudizio espresso dalla procura federale sulla vicenda Ritmica e Maccarani ph fotogamma

Ma chi ha storto il naso per primo è stato proprio il Ministro dello Sport Andrea Abodi espressosi in questi termini: “Ho sempre rispettato ogni pronunciamento degli organi di giustizia, naturalmente compresa quella sportiva, tanto più nel ruolo di Governo che mi è stato affidato. Confermo questa mia impostazione anche in relazione al pronunciamento del Procuratore federale della Federginnastica relativo alle denunce fatte da alcune ex atlete azzurre nei confronti della CT Maccarani. Nel rispetto dovuto, non posso non rilevare una mia perplessità su alcuni passaggi del dispositivo nel quale si giustifica quanto accaduto e denunciato, per quanto ritenuto non provato, collegando eventuali abusi con il troppo amore nei confronti delle ragazze. Non c’è amore che possa spiegare e giustificare un abuso, anche verbale, nella vita come nello sport”. – (PRIMAPRESS)

Schiette e meno diplomatiche sono state le affermazioni di un grandissimo campione, Yuri Chechi, ammirato dai più e anche da noi di wbox: le sue parole sono molto condivise, anche se i suoi detrattori diranno che era il candidato alle passate elezioni presidenziali, poi vinte da Gherardo Tecchi, e quindi interessato a sparare a zero su giustizia sportiva e sistema che la etero-dirige “Mi disturba vedere che c’è una volontà di capovolgere la situazione. Di far passare le ragazze come carnefici e bugiarde. Come se non esistessero situazioni di criticità. La frase “Maccarani è colpevole di peccato di affetto” è imbarazzante. Una forzatura. Non mi sembra logico che i vertici debbano uscire da questa storia in modo virtuoso”.

Yuri Chechi ph Daniele Buffa_Image Sport

Per leggere interamente quanto ha dichiarato Chechi a ilnapolista.it:

https://urlsand.esvalabs.com/?u=https%3A%2F%2Fwww.ilnapolista.it%2F2023%2F09%2Fyuri-chechi-la-frase-maccarani-e-colpevole-di-peccato-di-affetto-e-imbarazzante%2F%3Ffbclid%3DPAAaZ5_aHUUp4wjV_IW726QrvHloT_7F-LovCZWq9hv9vGdQ7rUISUjgPIvHE_aem_Af4XGViKk4CyDsve7r_Df7eOIWhWk0KRe00gUtUC_btl3YGB-qR10dHeNUf1patWiZo&e=35dc2669&h=fa702087&f=n&p=y

Per noi sono parole che meritano di essere considerate e riportate al procuratore federale Rossetti.

Ribadiamo la nostra idea: questa forma di giustizia è una presa in giro, anzi, una vera buffonata che compiace alcuni vertici sportivi, ma non proprio tutti. Infatti nemmeno più la presidenza della Federginnastica, dal momento che lo stesso Gherardo Tecchi, inizialmente benevolo verso la sua DT, (forse subodorando che la procura di Monza sarà meno accomodante?) ha espressamente dichiarato al Corriere della Sera “Non è mia abitudine commentare le sentenze e non sta a me commentare parole e frasi di chi è chiamato a giudicare: credo che a chiarirne il significato debba essere chi le ha pronunciate. Nel mio vocabolario violenza e affetto non sono sinonimi, ma contrari. Adesso aspettiamo le motivazioni e soprattutto l’esito delle indagini della procura di Monza, con la quale collaboriamo dalla prima ora, con grande trasparenza, per il bene delle ginnaste.

Gherardo Tecchi, presidente della Federginnastica ph RAI News

L’eccesso di amore di un allenatore si manifesta allorchè un atleta in difficoltà si sente protetto e sostenuto dal suo coach, per superare la crisi e ritrovare posizione e risultati che può raggiungere anche a fronte di ulteriori sacrifici come è normale accada nello sport di vertice. Il resto sono giudizi di facciata volti a proteggere i potenti e gli intoccabili dello sport, ma non quello basato sui suoi grandi valori, bensì quello lontano dai suoi principi educativi, di rispetto e lealtà, per diventare terreno di affermazione di figure discutibili al cui centro collocano solo se stessi, non certo gli atleti.

Nel rispetto di ogni pronunciamento della giustizia, non condividiamo quanto espresso dal procuratore federale della Federginnastica e restiamo in attesa di quanto indicherà la procura di Monza: se il giudizio sarà dello stesso tenore, faremo ammenda, riconoscendo che, secondo giustizia sportiva e civile, le atlete sono state comunque trattate come è lecito attendersi in ambienti sportivi di alto livello. Pur avendo noi un’idea ben diversa di gestione degli atleti che si tratti dello sport di vertice e, ancor più, di base o giovanile.

Scritto da Marco Tornatore