Un articolo de The Guardian dà lo spunto per qualche riflessione sulle ricadute negative della crisi crescente che colpisce molte amministrazioni locali, proprietarie di impianti sportivi gestiti da privati
L’APPROFONDIMENTO DEL WEEKEND
Nessun allarmismo ulteriore (non ne abbiamo bisogno), bensì solo alcune considerazioni che seguono ad un articolo di Patrick Bulter, pubblicato dal britannico The Guardian e che riportiamo tradotto (google translator con le sue bizzarrie) in coda a queste righe.
Per chi preferisce l’articolo in lingua originale: https://www.theguardian.com/society/2022/jun/17/cost-of-living-crisis-for-councils-will-make-levelling-up-a-distant-dream
Chiariamo subito che le difficoltà dei comuni inglesi, i quali sono proprietari e gestiscono direttamente gli impianti sportivi, fra cui le piscine, non sono paragonabili a italiane.

Da noi, la privatizzazione sistemica dello sport, dovuta a comodità ed inadempienze del “pubblico”, comporta che solo l’11-12% degli impianti, in particolare le piscine, sia direttamente gestito dalle municipalità. Non che questo semplifichi la vita dei nostri impianti sportivi, perché, in tema di concessioni, dal profilarsi della crisi pandemica, le tensioni, le incomprensioni, i contenziosi, fra gestori e comuni, sono veramente tanti.
Se leggiamo quanto riporta The Guardian, nell’articolo prevale un certo catastrofismo in ragione delle pesanti difficoltà economiche in cui versano i Comuni britannici: si parla di costi energetici balzati del 400% e più, a significare che in terra inglese forse se la passano come o peggio di noi. Loro però devono amministrare piscine ed impianti sportivi e il timore è che molti non riapriranno a settembre. Sono in genere sontuosi complessi, opere sovente superiori ai 20 milioni di sterline, dove si trovano palestre, piscine, palazzetti, outdoor e molto altro per praticare sport e passarvi le giornate.
In Germania, con più pragmatismo e in chiave preventiva, le piscine pubbliche devono ridurre i costi per il riscaldamento di due gradi, disagio che d’estate sembra sopportabile: un intervistato, nel servizio che abbiamo seguito, parlava di nuotare piacevolmente a 20°C, temperatura che magari alle nostre latitudini non è proprio gradita al grande pubblico.
Però i tedeschi, che dipendono molto dalle forniture russe come è per noi, stanno optando per investimenti da tempo avviati ed ora potenziati sulle energie rinnovabili e programmi preventivi, come quello di contenere anche i costi di uso e di riscaldamento dell’acqua.
Da noi? In chiave preventiva il nulla, come è nel nostro stile. Ci allarmeremo quando la difficoltà sarà conclamata con interventi e provvedimenti capestro e poco razionali, come è stato il lockdown dei centri sportivi durante i picchi pandemici.
Che significa per le piscine? Trovarsi senza acqua che scarseggia per la siccità o l’impossibilità di riscaldarle adeguatamente con sicura perdita di ulteriore clientela, in particolare i bambini, che l’acqua fredda non la digeriscono proprio?
Tornando all’articolo inglese, se le esangui casse dei comuni britannici comporteranno chiusure quasi certe di alcuni impianti sportivi, non possiamo sperare che i nostri comuni vivranno una situazione molto diversa. Parliamo dei loro bilanci in rosso, non delle gestioni.
Già nel primo semestre 2020 i comuni italiani avevano subito perdite per 8 miliardi di euro. Probabilmente oggi questo valore è quintuplicato, ma noi, a differenza di UK isolatosi con la Brexit, possiamo contare su un PNRR che qualche risorsa l’assicurerà. Non certo per risolvere i problemi, ma potrebbe in parte edulcorarli.
Da alcuni pareri raccolti in queste ultime settimane, sembra però che diversi impianti e piscine, anche per mancate nuove intese con le amministrazioni locali, a settembre saranno destinati all’irreversibile chiusura.

Secondo l’opinione di molti (anche fra i gestori), non è sempre corretto gettare la croce contro i comuni, pur avendo i medesimi pesantissime responsabilità nel confezionare gare d’appalto premianti la miglior offerta, con piani tariffari non sostenibili. Tuttavia, qualcuno a quelle gare ha partecipato e, secondo i detti esperti, se si fosse basato su un business plan credibile, confortato da un adeguato piano economico finanziario e da una equilibrata capacità imprenditoriale, quella gara l’avrebbero esclusa. Non era un business, ma un beneficio solo per il comune appaltante: errore grave investire su qualcosa che non ha margine.
In buona sostanza, tanti pagano scelte sbagliate di allora, rese irreparabili dalla pandemia prima e dal caro bollette poi.
Tante società di gestione dalla solida caratura hanno riconsegnato le chiavi degli impianti ai comuni che non hanno permesso una revisione degli accordi. Altri non l’hanno fatto, sperando in una ripresa che invece la guerra in Ucraina e i costi energetici hanno decisamente escluso, con tempi imprevedibili di ritorno alla “normalità”. E questi “altri” potrebbero avere i giorni contati.
Oggi è difficile sapere chi supererà l’ ennesimo scoglio, anche se molti segnali come mancati pagamenti, azzeramento degli investimenti, manutenzioni azzerate sono campanelli d’allarme che preludono ad una fine corsa. L’estate può alleviare le difficoltà, ma non sana i conti in disordine dei nove mesi indoor.
C’è anche da considerare che molti Imprenditori hanno saputo prevedere i cambiamenti in materia energetica, investendo in tempi tranquilli su cogenerazione, pannelli solari, facendo gruppi d’acquisto per contratti grazie ai quali pagano l’energia come due anni fa. Questi però non avevano partecipato ad appalti dove il margine era ridotto all’osso.

Ad ogni modo, anche alcuni dei virtuosi oggi cominciano a dubitare di poter reggere, perché oltre ai costi saliti in modo incontrollabile, inflazione e recessione comportano altri rischi, non ultimo la rinuncia delle famiglie a spendere per lo sport.
In questo quadro, sperare di trovare accordi con comuni ed enti territoriali appare un azzardo perché l’indebitamento dei “governi locali”, come li considerano in UK, è in molti casi smisurato, tanto che parecchi comuni rischiano il fallimento.
Fra i commenti seguiti all’ articolo de The Guardian, ha colpito quello brillante ed ironico, sempre un passo avanti, di Hans Muench, autentico guru del fitness, la cui intervista a noi rilasciata ad inizio 2022 potete leggere anche dagli archivi di wbox.it.
Queste le sue affermazioni: “Il risparmio energetico era un argomento noto ben prima del picco dell’inflazione di quest’anno. Le aziende innovative e rispettose dell’ambiente ben guidate hanno trovato soluzioni (ad esempio il club di punta Gold’s Gym a Berlino: ha aperto lo scorso anno ed è al 100% ad impatto climatico zero e autosufficiente dal punto di vista energetico). Alcuni club catturano l’energia generata dalle macchine cardio. Pannelli solari…oops, piove troppo nel Regno Unito- lol”.

Il “piove troppo a Londra” dovrebbe suonare anche per noi come uno scherzoso ammonimento. Noi per ora non abbiamo avviato veri programmi di prevenzione per escludere le chiusure, ma soprattutto per ovviare alla scarsità di gas ed energia. Magari ci preoccuperemo quando il gas non sarà più reperibile e l’energia sarà raddoppiata rispetto agli altissimi valori di oggi. Ma per primi dovremmo prevedere soluzioni, quantomeno per non dover chiudere per mancanza di riscaldamento.
O, ancora peggio, di acqua, che non è un problemino di qualche mese. Anzi, come sottolineava Gianni Gurnari nel suo ultimo eccellente articolo sulla risorsa vitale per il pianeta (vedi archivio wbox.it), l’acqua potrebbe essere il grande problema del futuro: senza aspettare che politica e istituzioni agiscano con gli abituali tempi biblici e sempre con un paio d’anni di ritardo, iniziamo subito a pensare come affrontare l’emergenza idrica nel prossimo decennio.
Certo, oggi ci preoccupiamo di energia, gas, inflazione e pandemia, ma con un senso di impotenza che deve spingere ad agire ove possibile, per non subire un tracollo indotto. Meglio se agiamo preventivamente, confidando che i venti di guerra si esauriscano e che le paventate future catastrofi non si verifichino.
Ma molto dipende da noi, dal nostro attivarci evitando altri errori, dal nostro vedere oltre e dalla nostra capacità di risolvere problemi secondo programmazione e azioni preventive che i bravi imprenditori sanno interpretare. Magari non agendo isolati, ma in sinergia come comparto (sogno irrealizzabile?).
Da The Guardian:

LA CRISI FINANZIARIA DEI COMUNI RENDERA’ IL LIVELLAMENTO UN SOGNO LONTANO
Di Patrick Bulter – The Guardian, 17 giugno 2022
L’Analisi: dopo le iniezioni di denaro durante il Covid, i comuni ora si trovano ad affrontare un mondo di precarietà e dolore
È stato solo un anno fa che il controllo della spesa nazionale ha elogiato il governo per aver iniettato miliardi nei bilanci dei consigli in Inghilterra per aiutarli a far fronte al Covid-19. I ministri non sono mai felici di spendere soldi, ma senza di essi, ha affermato l’Ufficio nazionale dei conti, il governo locale sarebbe crollato.
Ora ci troviamo, se non proprio nel territorio del fallimento del sistema, almeno in un mondo di precarietà e dolore municipale di massa. L’inflazione scatenata, alimentata dall’impennata dei costi dell’energia e del carburante, ha lasciato i comuni con la propria crisi del costo della vita e un buco di bilancio di quasi 2 miliardi di sterline. Ancora una volta, chiedono ai ministri un aiuto finanziario.
“È molto deprimente”, ha affermato Sir Stephen Houghton, leader laburista del consiglio di Barnsley nel South Yorkshire e presidente del gruppo di consigli urbani Sigoma. L’inflazione ha aggiunto circa 9 miliardi di sterline ai costi di Barnsley quest’anno, costi che nessuno si aspettava quando il budget di quest’anno è stato concordato a febbraio.
In tutto il paese sono a rischio i servizi, i posti di lavoro e i piani a lungo sognati per costruire nuove scuole, case o strade. Gli effetti saranno sentiti peggio dalle comunità più povere, dice Houghton. Le ambizioni di livellamento del governo, dice, sembreranno “un sogno lontano”.
Sarebbe un freddo bentornato all’austerità. Ma per la maggior parte dei comuni, l’austerità – nel senso di un incessante taglio annuale del budget – non è mai andata davvero via. La maggior parte dei comuni aveva già pianificato severi tagli al programma quest’anno. Senza l’aiuto di Whitehall, la maggior parte dovrà rapidamente rivisitare ed espandere la portata di quei tristi piani.
Un’indagine Sigoma tra i consigli membri sul probabile impatto dell’aumento dell’inflazione ha rilevato che la maggior parte di loro si confonderà. Ma per alcuni, i costi aggiuntivi li porteranno al limite della fattibilità. “La stragrande maggioranza dice che dovrà fare dei tagli”, ha detto Houghton. “Un quarto dice che potrebbero essere finanziariamente destabilizzati”.
Il futuro sembra cupo anche per i residenti che fanno affidamento sui servizi comunali. È un doppio smacco, dice un osservatore: “Parla con le persone che gestiscono i comuni e quello che senti è un’ansia disperata per ciò che la crisi del costo della vita farà alla comunità, unita a una vera preoccupazione per la mancanza di capacità dei comuni di rispondere alle esso.”
Un recente briefing sull’aumento dei costi di gestione delle piscine ha fornito una vivida mini-istantanea dell’entità della crisi. A metà marzo, i prezzi dell’elettricità e del gas erano superiori del 211% e del 474% rispetto ai livelli di aprile 2021. Per un comune con quattro siti per il tempo libero, ciò ammontava a £ 130.000 al mese in costi imprevisti. Può permettersi di tenerli tutti aperti? Le tariffe d’ingresso aumenteranno? L’orario di apertura si ridurrà?
Nessuno si aspetta che le sfide siano diminuite entro il prossimo anno. A meno che l’accordo sulla revisione della spesa di ottobre, con le sue ipotesi di inflazione obsolete, non venga rivisitato, le implicazioni sembrano sgradevoli. I parlamentari conservatori di backbench potrebbero vivere con schiaccianti aumenti delle tasse comunali il prossimo aprile? L’ironia è che anche se i comuni imponessero un aumento massimo delle tasse del 3,99%, non farebbero quasi nulla per rimediare alla loro carenza.