di Marco Tornatore, redazione@euroaquatic.it
Da Stefano Arcobelli, l’ineguagliabile narratore nazionale del nuoto, i pareri e le considerazioni su come si racconta il mondo dove gli sport natatori costruiscono pagine epiche e trionfi, ma anche i servizi e l’educazione sportiva di un popolo.
Vera icona del giornalismo sportivo, Stefano Arcobelli ha accompagnato i crescenti successi del nuoto italiano nel mondo, diviso fra carta stampate e blog, tutto rigorosamente sotto il marchio Gazzetta dello Sport. Un binomio vincente, reso tale dalla qualità professionale di Arcobelli, la cui competenza trasversale, internazionale e costantemente aggiornata gli sono valsi molti riconoscimenti ed un’alta, meritata considerazione nel mondo dello sport. Impianti e società di gestione incluse, che a lui devono molto per lo spazio mediatico da sempre riservato al comparto a tutto tondo. In questa sede non viene meno al suo ruolo, con qualche cenno biografico di chi da decenni ci racconta il nuoto, i suoi personaggi e il mondo delle piscine su scala nazionale e mondiale.
Da esperto degli sport natatori,come ritiene escano dal lungo lockdown le discipline acquatiche nazionali e il mondo ad esse collegato?
“Lo vedremo a settembre, certo il comparto gestionale ha subito un danno enorme, idem le società sportive: per riprendersi e recuperare servirebbe un ritorno in massa alle piscine. Finora solo la stagione estiva può dare qualche indicazione di ripresa, l’inizio dei corsi ci dirà quantitativamente la percentuale di riduzione che ci auguriamo la minor possibile. L’unico dato positivo è che questa pandemia può essere servita a razionalizzare le realtà laddove sia necessaria”.
Ho sempre considerato il mondo del nuoto un unicum: non ci sono campioni e medaglie se non si possono preparare adeguatamente in impianti attrezzati
Il suo osservatorio è molto ampio ed internazionale: le differenze che ha colto fra diversi paesi e che idea si è fatto degli scenari agonistici futuri, a cominciare dagli appuntamenti di agosto, guardando a Tokyo 2021?
“In Germania si teme che una generazione di atleti abbandoni le piscine, qualche perdita ci sarà ovunque, Italia compresa, negli Usa la mobilitazione è forte nelle varie realtà “regionali”. In chiave olimpica e della stagione a cavallo tra 2020 e 2021, la ripresa agonistica con tutte le novità protocollari è di fatto slittata all’avvicinamento olimpico che da dicembre in poi vedrà un calendario molto compresso: si tratterà di riprendere le qualificazioni olimpiche e di far svolgere, come gli Europei, gare di avvicinamento propedeutici ai Giochi. C’è chi dice che fino a quando non sarà scoperto il vaccino anti covid, tutto rimarrà incerto, Tokyo compreso. Il mondo sportivo potrà rinascere ai Giochi solo se non ci saranno limitazioni ulteriori: l’Olimpiade è la vera festa dello sport e speriamo sia come quelle del passato.

Aprire le piscine alla comunicazione sarebbe qualcosa di importante perché il nuoto non è figlio di un dio minore
Ha avuto la sensibilità di dare spazio alle vicende degli impianti sportivi, dei tecnici italiani e delle società di gestione, senza le quali lo sport non può esprimersi: perché questa sua disponibilità che ha dato un grande aiuto di sostanza al comparto?
“Ho sempre considerato il mondo del nuoto un unicum: non ci sono campioni e medaglie se non si possono preparare adeguatamente in impianti attrezzati. Ritengo che tutte le componenti del nuoto, a partire dalle federazioni, svolgono un ruolo fondamentale per non far disperdere i talenti. Se potessi, “obbligherei” tutti gli impianti ad avere una squadra agonistica, talvolta i gestori ne fanno una questione prettamente economica, legittima, ma credo che come numeri l’Italia sia un grande Paese che avrebbe bisogno di più impianti da 50 metri. Non mi prendo molti meriti se non quello di aver contribuito, come rappresentante dei media, a sostenere le giuste battaglie. L’unico ruolo dei media è comunicare correttamente e compiutamente tutte le problematiche di un sistema. In questo credo che la mia esperienza trentennale possa servire come riferimento. Vorrei cogliere l’occasione per dirlo: aprire le piscine alla comunicazione sarebbe qualcosa di importante perché il nuoto non è figlio di un dio minore”.
Fare giornalismo durante e dopo il lockdown e senza notizie veramente sportive per l’inattività degli atleti: cosa cambia nel lavoro suo e del quotidiano più letto d’ Italia?
“E’ stato difficile ma non impossibile, sul quotidiano e sul web abbiamo avuto la possibilità di far raccontare ad alcuni campioni famosi il momento davvero complicato. L’attività quotidiana sul blog ha tenuto e gli spunti non sono mancati: a cominciare dalle retrospettive che spero siano servite a raccontare da dove veniamo”

Anche con il suo blog si distingue per la sua capacità di raccontare quotidianamente campioni e momenti diversi delle discipline acquatiche, spaziando su news che attengono a novità impiantistiche e a fatti di cronaca collegabili: possiamo parlare di un Arcobelli style o è il modus operandi del giornalista sportivo del 2020?
“L’unico stile che mi sono imposto sin dall’inizio di questa cavalcata che a ottobre festeggerà i 10 anni e gli oltre 10.000 post, è rifuggire da un linguaggio sguaiato. Anche nella vis polemica abbiamo sempre rispettato tutti. Il nome del blog è una garanzia. Siamo rimasti coerenti sempre senza farci prendere la mano. Anche quando arrivavano commenti piccati era l’epoca in cui non bisognava registrarsi ma si tendeva ad esagerare e degenerare per cui abbiamo dovuto prontamente fermare l’andazzo obbligando tutti alla registrazione se si vuole commentare i post il mio invito è sempre stato quello di rispettare le opinioni di tutti in una logica di confronto pur nella diversità delle opinioni. In questo il movimento ha bisogno di crescere ancora e di considerare dal confronto un’opportunità di sana discussione per migliorare tutti. Si cresce solo così”.
Meno nuoto significa essere tutti più poveri: spero che i gestori, conti alla mano, possano riprendere da dove ci siamo fermati e attuare quegli aggiustamenti necessari
Da professionista documentato e sempre attivissimo, quali reputa siano i rischi maggiori per lo sport nazionale che, nelle vasche, potrebbe subire l’effetto domino di chiusure e taglio dei costi?
“Meno nuoto significa essere tutti più poveri: spero che i gestori, conti alla mano, possano riprendere da dove ci siamo fermati e attuare quegli aggiustamenti necessari. Bisognerebbe abbassare le tariffe e incentivare il settore con adeguate campagne di comunicazione e poi pensare di tornare ai grandi incassi. In questo servono incentivi statali e fiscali. Spero che tornino le file per iscriversi al nuoto. Significa che ci saremmo tutti ripresi”.
L’unico stile che mi sono imposto è rifuggire da un linguaggio sguaiato. Anche nella vis polemica abbiamo sempre rispettato tutti
All’inizio della sua carriera avrebbe mai pensato che avrebbe scritto di nuoto e che sarebbe diventato la penna di riferimento per le piscine nazionali?
“Sinceramente no. Sono arrivato al nuoto attraverso altri sport, mi sono impegnato a calarmi nella realtà e l’unica fortuna è stata che il mio arrivo è coinciso con il boom azzurro. E’ stato più facile ed impegnativo allo stesso tempo: ma ho sempre voluto avere una visione internazionale. Anche noi agli eventi internazionali in fondo gareggiamo contro la concorrenza e siamo doppiamente azzurri”.
Più difficile riportare una notizia che sia letta online o su carta e quali temi oggi prevalgono per interessare il lettore medio, non necessariamente ferrato su nuoto e piscina?
“Sta cambiando il modo di veicolare le notizie e informazioni: cambia il mezzo, ovvero attraverso i cellulari tutto corre velocissimo, e spesso le notizie arrivano dai social perché rispetto al passato gli stessi atleti e allenatori amano rendere pubbliche anche vicende private. Io dico che forse la varietà è persino troppa e bisognerebbe lasciare ai professionisti del settore la possibilità di lanciare le notizie per evitare fake news, distorsioni e faziosità. Vedo in giro atleti che si trasformano in giornalisti, allenatori che animano le chat ma poi la resa non è spesso efficace: questa è l’unica critica che farei a quelli che pensano di potersi sostituire alla stampa di professione. Poi certo, raccontare le storie via social può essere divertente e appassionante: ma il filtro professionale secondo me serve sempre. La ricchezza di interventi non ha fatto aumentare sui media l’interesse sul nuoto, ma sono personaggi ormai famosi e amati come una Pellegrini o un Rosolino a dare la giusta visibilità a quanto c’è dietro, anzi dentro le piscine. Aprire le piscine ai media è un mio vecchio pallino: le do un solo dato. Si spendono migliaia di euro per organizzare un meeting di fine settimane e quasi sempre, non si vede una riga sui giornali. Bisogna chiedersi cosa non funziona. Magari le società dovrebbero dotarsi di un addetto stampa. Spendere per comunicare non è buttare via il denaro. E poi, a che servono gli sponsor? Gli sponsor non cercando visibilità?”.

Sta cambiando il modo di veicolare le notizie e informazioni: cambia il mezzo, ovvero attraverso i cellulari tutto corre velocissimo, e spesso le notizie arrivano dai social
Il campione ideale per un giornalista di uno sport minore che deve conquistarsi spazi nel quotidiano dominato da calcio e sport-show.
“Sarebbe troppo facile dire la Pellegrini: io direi ogni nuotatore che si rende disponibile con i media per me è un campione ideale. Io ho grande rispetto per chi si sacrifica a praticare questo sport, è giusto che gli venga riconosciuta la visibilità che merita. In questo, la nazionale con gli ottimi risultati ha imposto all’attenzione molti campioni, tutti diversi. Il nuoto in questo è ben messo da Sydney 2000”.

Si spendono migliaia di euro per organizzare un meeting di fine settimane e quasi sempre, non si vede una riga sui giornali. Bisogna chiedersi cosa non funziona
Un suo parere per elevare la cultura sportiva nazionale, alimentata dall’informazione con ricadute positive per una crescente diffusione di una vita motoriamente attiva: dove dobbiamo migliorare?
“Nelle piscine bisogna avere non solo bravi addetti stampa, ma anche educatori, psicologi, fisioterapisti e allenatori professionisti. Anche i genitori che portano i figli in piscina e sono i primi tifosi, dovrebbero elevare il livello culturale del nostro sport. Non bisogna prendere dal calcio le degenerazioni, ma dal calcio dobbiamo imparare l’organizzazione a cascata. Il lavoro da fare è tanto ma ritengo che i risultati aiuteranno a migliorare la situazione. Dobbiamo crescere una generazione di atleti che non guardi solo ai social ma sia più profonda. Casa, scuola, piscina: tutti devono adoperarsi per elevare la cifra culturale del nostro sport. Sono felice ogni volta che posso pubblicare la notizia di un nuotatore laureato. E sono triste ogni volta che un nuotatore smette ma almeno ho una speranza: chi si ritira spesso vuole rimanere in questo mondo acquatico, segno che è solida la base di partenza. Io farei più clinic con tutte le componenti per creare momenti di discussione. E durante i campionati arricchirei le proposte: non c’è solo la gara, c’è tutto un mondo che pullula di storie e di vita che resta sommerso. Facciamolo emergere”.
Casa, scuola, piscina: tutti devono adoperarsi per elevare la cifra culturale del nostro sport
Facendo astrazione da cosa oggi suscita maggior interesse nel lettore, quali notizie ed approfondimenti le danno più soddisfazione?
“Quando un nuotatore diventa interessante per il modo in cui si pone e dice. Ci sono ragazzi che conoscono anche 5 lingue, mostrano interessi diversi e non smettono di essere ambiziosi: la chiave è questa. Poi le dico che il gossip piace più delle serie di allenamento, io direi che servono entrambe le informazioni ma purtroppo si parla di ciò che fa più notizia. E’ la severa legge del mercato”.
Il gossip piace più delle serie di allenamento
Che sport ha praticato o l’hanno appassionata da ragazzo e, se ci sono tempo e spazio nel suo quotidiano, continua a praticare o segue?
“Ho giocato a baseball, calcio, pallavolo: tutti sport di squadra, ma ho scoperto il fascino degli sport individuali anche se pure il nuoto, in fondo, è uno sport di squadra. Le staffette non sublimano la potenza di una nazione?”.