La prima significativa azione coordinata fra centri acquatici registra un’adesione del 57%: un primo segnale che è auspicabile abbia un seguito maggiore in futuro
Domenica 6 febbraio, giorno da ricordare per il sistema sport nazionale. Per la prima volta, a causa dei verticali rincari energetici, i gestori di impianti sportivi hanno dato vita ad una manifestazione a tutela della categoria. Una partecipazione più allargata sarebbe stata auspicabile, ma l’adesione del 57% è apprezzabile.

Il fatto non ha precedenti e ha avuto il merito di essere al centro di una discreta campagna mediatica. Televisioni e stampa, tendenzialmente più locali e regionali, hanno dato risalto alla protesta delle piscine. Intendiamoci, manifestazione civile e misurata, senza cadere in eccessi come blocchi della viabilità o azioni discutibili. Un modo per richiamare l’attenzione sulle difficoltà insormontabili delle piscine italiane.
Positiva l’eterogeneità delle adesioni, ancor più di impianti vicini alla Federnuoto le cui vasche sono necessarie per gli agonisti. Stonano invece alcune rigidità di enti locali che dimostrano quanto il settore pubblico, i cui stipendi sono garantiti, sia lontano dai reali problemi della società civile. Le piscine, più di altri centri sportivi, offrono un servizio altamente sociale. Per sopravvivere, necessitano di aiuti che le istituzioni nazionali, locali e la politica hanno negato a più riprese
Se si è arrivati a questa protesta, è perché la misura è colma ed è tempo che sostegni ed azioni concrete siano assicurate da chi storce il naso per le chiusure. Bene, quindi, questa prima prova di compattezza fra società di gestione. Un primo passo per una consolidata e matura coesione del settore, estesa a tutte le società e i centri sportivi.
