di Donato Foresta, donato.foresta@5sportconsulting.com
L’interpretazione esaustiva di come regolarsi con i rimborsi, chiarendo in che misura possa prevalere la discrezionalità del gestore su rifusione o voucher, il cui valore può essere determinato anche considerando i costi fissi sostenuti durante il lockdown.
Riparte a settembre una nuova stagione sportiva che ci si augura sia senza nuove interruzioni. Tra timori, incertezze, adeguamenti a protocolli, spese in dispositivi di tutela della salute, controlli green pass, si devono fare i conti anche con rimborsi e voucher agli utenti, replicando le problematiche gestorie dello scorso anno, in un contesto ancora più esiguo di risorse finanziarie per le società sportive.

Analizziamone prima di tutto gli aspetti normativi per poi affrontare gli effetti economici e finanziari.
L’IMPIANTO DELLA NORMATIVA TUTELA A LIVELLO DI PRINCIPIO L’UTENTE SPECIFICANDO L’OBBLIGO IN CAPO ALLA SOCIETÀ SPORTIVA DI “RESTITUZIONE” DELLA CONTROPRESTAZIONE RICEVUTA
Nella tabella che segue riportiamo le due norme a confronto che hanno trattato il tema dei rimborsi agli utenti: ci riferiamo al “vecchio” comma 4 dell’art. 216 del DL 34/2020 (“decreto Rilancio”) e al “nuovo” comma 4 del medesimo art.4 del medesimo DL 34/2020 come modificato dall’art.36 ter del DL 41/2021 (“decreto Sostegni”).

In sostanza lo scorso anno ci si basava su una norma oggi aggiornata e sostituita dal nuovo testo introdotto dal decreto “Sostegni” che, pertanto, di fatto rappresenta ora l’unica normativa esistente per la gestione dei rimborsi, sia per quelli pregressi e cioè del primo lockdown eventualmente non ancora utilizzati, che per il secondo lockdown riferito alle chiusure imposte dal 24 ottobre 2020 (e con durata variabile in funzione della fascia regionale di appartenenza).

IL DIRITTO-POTERE DI SCEGLIERE SE RIMBORSARE LA QUOTA NON GODUTA CON DENARO O OFFRENDO ALL’UTENTE UN VOUCHER È DI ASSOLUTO APPANNAGGIO DEL GESTORE DELLE ATTIVITÀ SPORTIVE, NON DELL’UTENTE
Prima constatazione: entrambe le disposizioni indicano che la sospensione delle attività sportive determinata dalle normative emergenziali (i vari Decreti Legge e DPCM che si sono succeduti nel tempo anche con valenza territoriale), è causa di “sopravvenuta impossibilità” all’espletamento della prestazione di erogazione del servizio sportivo e ciò ai sensi e per gli effetti dell’art. 1463 del codice civile.
Secondo questa norma del codice civile, chi non può adempiere ai propri obblighi contrattualmente concordati a favore dell’altra parte – nella fattispecie la società sportiva nei confronti dell’utente che ha sottoscritto un abbonamento o l’iscrizione alle attività sportive – non può chiedere la controprestazione, rappresentata qui dal pagamento del corrispettivo (quota di iscrizione, quota di abbonamento), e se la controprestazione sia già stata eseguita, e cioè se l’iscrizione o se l’abbonamento siano già stati interamente pagati, deve restituirla.
L’impianto quindi della normativa, sia nella prima che nella seconda versione, tutela a livello di principio l’utente specificando l’obbligo in capo alla società sportiva di “restituzione” della controprestazione ricevuta, rappresentata, come detto, dall’incasso dell’abbonamento o dell’iscrizione.
Al fine tuttavia di mitigare l’impatto “finanziario” in capo alle società sportive causato dal rimborso delle quote di abbonamento o iscrizione non godute dagli utenti per la chiusura degli impianti e delle attività, entrambe le normative in commento attribuiscono al gestore delle attività sportive il diritto di offrire all’utente un voucher, in luogo del rimborso in denaro.

da voucher e rimborsi dovuti alla clientela
E questo è il primo aspetto da enfatizzare a fronte di tante polemiche e contestazioni legali di cui si è avuta conoscenza nel corso di questi ultimi mesi: il diritto-potere di scegliere se rimborsare la quota non goduta con denaro o offrendo all’utente un voucher è di assoluto appannaggio del gestore delle attività sportive, non dell’utente. In altri termini spetta al gestore la scelta tra rendere denaro o erogare un “buono” (voucher) all’utente valido a tutti gli effetti come “restituzione della controprestazione” ai sensi del citato art. 1463 del codice civile.
Pertanto ogni contestazione avanzata in questi mesi volta alla restituzione della quota di iscrizione con denaro non solo è pretestuosa ma è da definirsi, allo stato attuale della normativa in esame, priva di fondamento giuridico. Ciò premesso, evidenziamo ancora due elementi di rilievo. Il primo riguarda la determinazione del valore del voucher e il secondo attiene al termine di validità del voucher.

IL VOUCHER PUÒ ESSERE CEDUTO, MA IN CASO DI CESSIONE BISOGNA VERIFICARE SE IL NUOVO UTILIZZATORE ABBIA LE CONDIZIONI “FISCALI” DEL CEDENTE
In merito al primo elemento si sottolinea che:
- Il voucher rappresenta a tutti gli effetti una sorta di “buono-sconto finanziario” che si basa su un “valore” (importo) determinato dallo stesso gestore dell’attività sportiva. Non rappresenta quindi un equivalente del tempo perso (ad esempio: essendo stati chiusi 6 mesi, non spettano 6 mesi all’interessato, ma il controvalore dei 6 mesi di chiusura rapportati all’abbonamento/quota di iscrizione a suo tempo sottoscritti). Pertanto l’interessato potrà utilizzare questo “buono” (voucher) per un nuovo acquisto scalando dall’importo di tale nuovo acquisto il valore attribuito al voucher. Libera la volontà delle parti (gestore-utente) di far utilizzare il voucher anche per servizi diversi da quelli inizialmente sottoscritti (ad esempio: per i centri estivi o per altri servizi non presenti prima nel palinsesto offerto), andando a “scalare” l’importo da pagare con l’importo del voucher. Nulla vieta ovviamente al gestore dell’attività sportiva di concedere agli utenti a titolo di ristoro un equivalente periodo non goduto, ma, ripetiamo, la normativa in commento specifica che il voucher si sostanzia in un “valore” da definire a cura dello stesso gestore dell’attività sportiva. Volendo fare un esempio, si supponga di aver sottoscritto un abbonamento annuale di 600 euro per 12 mesi. Avendo chiuso l’attività per 6 mesi, il controvalore del voucher sarà di 300 euro. Se nella nuova stagione l’abbonamento annuale fosse di 620 euro, l’interessato in possesso del voucher dovrà corrispondere un importo di 320 euro a saldo del nuovo abbonamento e non potrà pretendere di fare 6 mesi senza pagare nulla utilizzando il voucher. Ove sussistesse un abbonamento semestrale (sempre a titolo di esempio di 350 euro), se l’utente in possesso del voucher di 300 euro fosse interessato a questo, dovrebbe pagare a saldo un importo di 50 euro e non pretendere, come sopra evidenziato, di voler tale abbonamento senza pagar nulla. Ribadiamo che ogni politica “commerciale” a favore dell’utente è sempre ammessa, ma quanto riportato è ciò che prevede la normativa in merito ai servizi sportivi non goduti.
- Il voucher può essere ceduto, ma in caso di cessione bisogna verificare se il nuovo utilizzatore abbia le condizioni “fiscali” del cedente così da poter confermare la qualifica di “istituzionale” al corrispettivo originariamente incassato, ove appunto l’originario abbonamento avesse originato un incasso non assoggettato a tassazione sia ai fini IRES (art. 148 DPR 917/1986) che ai fini IVA (art. 4 DPR 633/72). Ove non fosse così, occorrerà applicare l’IVA a scorporo nel valore del voucher ceduto (Es. voucher di 100 euro se ceduto ad altro associato/tesserato per servizi istituzionali resta ricavo “istituzionale”; se ceduto ad un NON associato / Non tesserato o per l’acquisto di servizi NON istituzionali il voucher di 100 euro determinerà un ricavo “commerciale” di cui euro 81,97 imponibile ed euro 18,03 di iva);
- Nella quantificazione del voucher, già a seguito del primo lockdown, alcuni gestori ci risulta abbiano applicato anche riduzioni in misura fissa (solitamente una percentuale fissa) per tener conto di una quota parte dei propri costi fissi. Ricorrendo all’esempio precedente, pur a fronte di un potenziale controvalore di 300 euro (pari ai 6 mesi dell’abbonamento originario non goduto), si indica che il valore effettivo del voucher sia di euro 250 così da recuperare anche una serie di costi fissi comunque sostenuti dal gestore nel corso del periodo di chiusura delle attività (si pensi ai canoni di locazione, ai costi del personale se non in cassa integrazione, ai costi delle consulenze, ai costi di manutenzione indifferibili ecc.). In proposito si evidenzia che la legge nulla dice, limitandosi a richiedere in sostanza la determinazione del valore corrispondente al periodo di sospensione delle attività rapportato appunto al valore della quota di abbonamento/iscrizione sottoscritta. Pur comprendendo l’ipotesi di ridurre di una quota fissa il valore del voucher, al momento appare oltre quanto previsto dalla legge. Pur tuttavia non v’è dubbio che la determinazione dell’importo del voucher viene rimessa al gestore e, in tal senso, sarà opportuno avere criteri di determinazione precisi da far valere nei confronti degli interessati che dovessero richiederne spiegazioni o chiarimenti. Ciò al fine di evitare personalismi non utili in questa fase anche in un’ottica meramente fiscale di disparità di trattamento con le possibili conseguenze negative in caso di verifiche fiscali.

IL VOUCHER PUÒ ESSERE “UTILIZZATO” ENTRO 6 MESI DALLA FINE DELLO STATO DI EMERGENZA NAZIONALE, AD OGGI, ENTRO IL 30 GIUGNO 2022
In merito al termine di validità del voucher la nuova versione del decreto indica chiaramente che il voucher può essere “utilizzato” entro 6 mesi dalla fine dello stato di emergenza nazionale. A seguito dell’art. 1 del DL 23.7.2021, n.105, lo stato di emergenza nazionale è stato prorogato fino al 31.12.2021. Pertanto ad oggi il voucher potrà essere utilizzato entro il 30 giugno 2022. Rispetto alla prima versione non è più ribadito l’obbligo di utilizzo “incondizionato” presso la struttura sportiva di origine, ma si ritiene che tale riferimento sia pleonastico se si voglia riferirlo al soggetto gestore, non potendosi ritenere utilizzabile il voucher presso altri soggetti che li abbiano originati, ritenendo di contro assolutamente possibile l’utilizzo presso altre strutture aggiungendo però “purchè gestite dal medesimo soggetto”.

Inoltre evidenziamo rispetto alla prima versione della normativa che, nel nuovo testo, non occorre una previa richiesta dell’interessato da presentare entro uno specifico termine. Questo significa che gli interessati potranno richiedere il voucher fino all’ultimo giorno di potenziale utilizzo ed il gestore deve riconoscerglielo.
Infine un’annotazione di carattere economico che riguarda i bilanci delle società che chiudono il loro esercizio sociale infrannuale e non al 31.12 (esempio al 30 giugno o 31 agosto). Queste società dovranno ridurre i propri ricavi di competenza dell’esercizio in chiusura (esercizio 2020-2021) per un importo pari al potenziale debito per il totale dei voucher utilizzabili dagli utenti nel corso dell’esercizio successivo (esercizio 2021-2022). Tali voucher non avranno un impatto contabile sulla liquidità al termine dell’esercizio in chiusura e quindi nel bilancio dell’esercizio 2020-2021, ma avranno in tale esercizio un impatto sui ricavi che saranno ridotti in misura tanto più significativa quanto più alto è il controvalore totale dei voucher utilizzabili nell’esercizio successivo. Per le società di capitali (srl in primis, tra cui le SSD), questo potrebbe comportare una perdita di esercizio per la quale si applicherà comunque la disposizione dell’art. 6 del DL 23/2020 riguardo alla possibilità di intervenire in copertura entro il quinto esercizio successivo.