L’annegamento può avere uno di tre possibili esiti: morte, infortunio, nessuna lesione permanente. Per “annegamento non fatale”, termine ufficializzato dall’ OMS, si intende un incidente in cui l’individuo sopravvive; il problema molto serio e poco considerato è come sopravvive. In diversi casi l’annegamento non letale può avere un impatto significativo sulla salute a lungo termine di un individuo e sulla qualità della vita: danni cerebrali – danno cerebrale ipossico – o ad altri organi, con effetti da lievi a gravi. Sono i bambini di 0-4 anni a più alto rischio di annegamento non fatale. Una ricerca di Royal Life Saving (Australia) segnala nel proprio Paese (2019/2020) 504 incidenti di annegamento non fatali con ricovero in ospedale: molti hanno problemi per tutta la vita o decedono prematuramente. Secondo la ricerca per ogni ogni annegamento fatale, ci sono tre annegamenti non fatali. Nei bambini più piccoli questo rapporto è ancora più elevato con otto annegamenti non mortali. Meritorio il ruolo di Royal Life Saving che indaga sugli impatti a lungo termine sulla salute, sociali ed economici dell’annegamento non fatale con l’obiettivo di campagne mirate di prevenzione dell’annegamento. In prossimità di uno specchio d’acqua, ancorchè non profondo, i bambini devono essere sempre controllati con attenzione da un adulto: una supervisione attiva. Le piscine sono il luogo principale per l’annegamento non fatale nei bambini e, nelle vasche abitative, condominiali e di hotel, contano i sistemi di recinzione correttamente installati. Fondamentale per i bambini è comunque seguire percorsi/corsi educativi alla familiarizzazione con l’acqua e di insegnamento dl nuoto.
News in parte dovuta a servizio di www.royallifesaving.com.au

