Nel mondo le morti per annegamento sono oltre 360.000 all’anno e sono la terza causa di decesso degli under 15. Da una ricerca del nostro osservatorio W.BOX, meno del 2% della popolazione italiana sa veramente nuotare, ovvero ha un’autonomia di almeno 1.000 metri in acque libere. Il problema è assai più marcato fra i minorenni come segnala il pediatra Italo Farnetani in un’intervista a Huffpost– huffingthonpost.it- in merito alle morti per annegamento dei bambini: “Questo accade perché in Italia si nuota malissimo: fra 5 e 18 anni solo il 30% sa nuotare in maniera sufficiente mentre un altro 30% sa stare a galla, ma alla minima difficoltà è indifeso; inoltre, il 10% sa nuotare solo in piscina”. Fra i 7 e i 18 anni esiste una vera emergenza nuoto “fare i corsi di nuoto è una garanzia di sicurezza e si salvano tante vite”. Nonostante campagne televisive stagionali sulla prevenzione (tardive: diffuse ad agosto e non in primavera) e l’impegno emotivo post olimpico di introdurre lo sport nelle scuole primarie – l’insegnamento del nuoto dovrebbe essere materia curriculare come avviene nei Paesi più evoluti – le nostre estati registrano un numero inaccettabile di decessi dei minori, ancor più gravi se si verificano in piscine dove la sorveglianza dovrebbe essere massima. La migliore prevenzione è l’insegnamento del nuoto. Chissà se la politica, oltre alle promesse, saprà pianificare un percorso istituzionale che guidi famiglie e bambini verso un programma educativo, preventivo finanziato.
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