La miseria riservata dal piano di rilancio governativo allo Sport suscita “qualche” dubbio sull’effettiva realizzazione o riqualificazione degli impianti sportivi
Sulla pochezza degli investimenti che il PNRR prevede per lo Sport abbiamo già dedicato alcuni servizi.
La politica si riempie la bocca, quasi trionfalmente, per 700 milioni di euro, più 300 per le palestre scolastiche, destinati a tutta l’impiantistica sportiva nazionale. Malagò è stato molto esplicito: sono cifre risibili, poco più dello 0,4% dei 209 miliardi previsti dal PNRR. Secondo il numero uno del CONI sarebbero serviti almeno 4 miliardi di euro. Noi, che non siamo uomini di istituzione, diciamo che i miliardi dovevano essere più di 6, non come un una tantum irripetibile. E abbiamo spiegato le ragioni.

Quindi, ribadiamo che, se eccezionalmente lo Sport riceverà 1 miliardo di euro dal programma di rilancio e resilienza, in Francia, nel 2021 e nel 2022, gli investimenti per Sport e Impianti sportivi sono di 8 – otto – miliardi di euro/anno.
Per capirci, salvo impossibili munifici ulteriori interventi di politica e governo appannaggio dello Sport italiano, in due anni in Francia viene destinato un importo 16 volte – sedici! – più alto di quanto riceve il sistema sport nazionale nel nostro Paese.

Chissà se lo sanno i politici che tanto parlano, ben poco ascoltano – gli operatori del comparto sport e la stampa specializzata come la nostra-, e poco o nulla fanno per il nostro settore.
Su questo dubbio, che circostanze e precedenti trasformano in certezza, lasciamo il lettore al contributo pubblicato da ripartelitalia.it. Proprio alcuni stralci di questo flash focus sulle incertezze relative al PNRR ci hanno permesso di fare le considerazioni testè espresse e i commenti a seguire, circoscrivendo i dubbi legittimi. in generale, al nostro contesto. Con un retrogusto che non lascia una gradevole sensazione…

Impianto di Codogno ph Sport&Impianti
Alcuni passaggi tratti da ripartelitalia.it con il nostro commento evidenziato dal corsivo:
”La rapidità con cui vanno realizzate le opere previste dal Pnrr e la velocità con cui vengono organizzate gare d’appalto e lavori sono un enorme vantaggio ma comportano anche un costo aggiuntivo. E quindi aprono degli interrogativi”. È affermazione di Giuseppe Busia, presidente dell’Autorità Nazionale Anticorruzione.
“…con grande franchezza: il 2026 – ha proseguito Busia – è una data convenzionale ma noi dobbiamo lavorare per il 2030, per il 2050, per le generazioni future. Quindi, non tutti i progetti è bene che siano conclusi in fretta entro il 2026…
… per le opere da realizzare, va invece tenuto presente che i tempi ristretti e il contesto internazionale, in cui ci troviamo con la guerra in Ucraina, e il post pandemia comportano costi aggiuntivi: più ragionevole una ricalendarizzazione degli investimenti, da concordare con la Commissione europea”.
Busia ha proseguito sostenendo che gli investimenti che facciamo sono un debito per le generazioni future.

Scusate, ma il PNRR non dovrebbe essere un programma di rilancio e di investimenti per superare le arretratezze in cui versa l’Italia? Con una parte dei miliardi a noi destinati che non ricadranno sul già rilevantissimo debito nazionale?
Perché secondo il nostro “…se nel frattempo metto in piedi troppe gare, non beneficio di accelerazione, trovo aumento dei prezzi, materie prime con costi alle stelle, poca disponibilità di manodopera qualificata”.
Dalle parole di questo dirigente di apparato noi evinciamo che è meglio dare spazio al comparto in cui vantiamo un vero primato: la burocrazia, con la scia di ostacoli, tempistiche infinite, complessità inarginabili.
Perché: “Possibile – si domanda Busia – che per tutti ci sia così urgenza da sopportare aumenti forti del costo delle materie prime? Possibile che per tutti abbiamo bisogno di sacrificare concorrenza e trasparenza? Serve una sorta di tagliando sul Pnrr, da effettuare in dialogo con la Commissione per ricalendarizzare alcuni interventi sulla base dell’effettiva urgenza e dell’evolversi della situazione internazionale”.

Ecco, se avevamo qualche dubbio, ora possiamo avere solo certezze. Sperando che questo approccio non venga condiviso da Draghi e governanti, ma che si proceda speditamente, paventiamo che i personaggi dell’apparato burocratico-istituzionale renderanno il percorso del PNRR irto di barriere e difficoltà. E siccome gli impianti sportivi passano inevitabilmente dagli appalti e, nella scala di priorità di questa pessima classe dirigente, lo sport è collocato agli ultimissimi posti, possiamo stare certi che, nella migliore delle ipotesi, le opere per gli impianti sportivi avranno una gestazione decennale.
In sintesi, il Paese resterà arretrato come e peggio di prima per le infrastrutture sportive, e l’insufficiente miliardo di euro non sarà più riferito al periodo di assegnazione – stupidamente e da sprovveduti pensavamo ad 12-24 mesi fra il 2023 e il 2024… – bensì spalmato in 12-15 anni. Se andrà bene.
A significare che la presa di posizione polemica – e ragionevolissima – di Malagò è sbagliata per difetto: si tratta sì di una miseria, ma non limitata a 12 mesi, bensì a 3-4 lustri. Viva l’Italia!
Fonte parziale ripartelitalia.it