L’errore più grande che possiamo commettere nel fitness acquatico è di pensare che in vasca gli schemi motori siano simili a quelli terrestri o che chi “esordisce” in piscina abbia le stesse abilità di chi nuota da anni
AQUATIC TRAINING – Inauguriamo una serie di articoli tecnici relativi al mondo dell’attività fisica in verticale in acqua. Dopo oltre venticinque anni dalla nascita di questo modo innovativo di ottenere benefici dal movimento in acqua, sentiamo la forte esigenza di allargare le basi della conoscenza. Misurare in acqua è complicato e molto costoso, ma si possono comunque considerare tanti test “empirici” che aiutano a prendere consapevolezza dell’esercizio in ambiente acquatico, con lo scopo precipuo di adattare l’attività alle persone, non standardizzare, non nascondersi dietro la grande verità che in acqua i rischi sono molto bassi e quindi qualunque cosa vada fatta va bene.
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Sarebbe ora che, analogamente a quanto avviene in modo estremamente scientifico a livello terrestre, provassimo ad alzare l’asticella sulla qualità dei movimenti in verticale in acqua.
Non considerando le attività riabilitative dove il tipo di movimento è funzione della condizione del paziente, nella vita di tutti i giorni, per cosi dire, nelle attività di gruppo che senza soluzione di continuità si ripetono tutto l’anno, dove è la qualità?

Ammetto che sia veramente complicato “vedere” la maggior parte delle persone, posizionate davanti ad un trainer, a qualche metro di distanza, con tutte le rifrazioni e riflessi di luce dell’acqua. E allora come si fa? Se non si vede è impossibile correggere; le dimostrazioni fuori dell’acqua molto spesso non sono come il movimento in acqua, dal punto di vista dello schema motorio puro; soprattutto il ritmo di movimento è molto diverso rispetto all’attività terrestre.
La risposta, prioritariamente, è solo una: prima di insegnare, bisogna conoscere perfettamente che cosa accade in acqua.
Il ritmo del movimento in acqua è molto diverso da quello terrestre, un problema in più, troppo sottovalutato, per il trainer a bordo piscina
In letteratura troviamo che “La qualità del movimento non è intrinseca in un esercizio ma è una capacità da costruire come solida meccanica prima della sua esecuzione”. Significa, in altre parole, che un qualunque esercizio sarà fatto in modo diverso da persona a persona: pur tendendo alla correttezza, ogni individuo con il proprio bagaglio fisico, sarà in grado di eseguire “bene” un movimento costruendolo piano piano e facendolo proprio. E fino ad un certo punto.

Facciamo un esempio sotto gli occhi di tutti: camminare è facile, tutti imparano a camminare dopo pochi mesi dalla nascita. Ma se mettessimo a confronto diretto tante persone di diversa età, sesso, etnie, ci accorgeremmo che ognuno al suo modo di camminare e solo alcuni, pochi, possono avvicinarsi a quello che la biomeccanica del movimento indica essere il movimento corretto della camminata.

Poi c’è il fattore tempo: camminare più piano o più veloce non è la stessa cosa. Quando abbiamo imparato a camminare, qualcuno ricorda che i genitori ci abbiamo dato indicazioni su come farlo? Poi ancora ci sono tutte le varabili legate all’età che avanza.
Ho fatto un esempio, se volete banale, che riguarda l’attività terrestre, il nostro ambiente. In acqua è diverso? Direi di no perché l’essere umano è lo stesso.
Nessuno degli schemi motori di base terresti ha una qualche attinenza con ciò che viene proposto nell’aquafitness, situazione sempre più evidente passando da vasche dove si tocchi il fondo e quelle a profondità maggiore, dove si è in galleggiamento
Se analizziamo un elenco qualsiasi, di quelli che si trovano in letteratura, sugli schemi motori di base (riferimento a schema) vediamo che nessuno di loro (forse solo camminare e correre, o l’afferrare come situazione statica) ha una qualche attinenza con ciò che viene proposto nell’aquafitness. E se parliamo di vasche dove si tocca. Se la valutazione la facessimo in galleggiamento, allora avremmo ancora più difficoltà a relazionarci agli schemi motori di base terrestri.
Ogni movimento in acqua ha una peculiarità, per uno stesso soggetto, a seconda di dove e come lo si esegua
Poi c’è l’ambiente, l’acqua, completamente diverso dall’aria, che, con le sue caratteristiche fisiche intrinseche, unite a quelle variabili che ogni vasca può avere (tipo di rivestimento, temperatura, altezza), rende tutto molto specifico.

Ogni movimento in acqua ha una specificità, per uno stesso soggetto, a seconda di dove e come lo si esegue. Ecco che, per dare valore all’affermazione di cui sopra, e tendere alla qualità, dovremmo quasi parlare di schemi motori di base acquatici. In questo senso, gli unici riferimenti a cui attingere sono quelli legati al nuoto classico o, meglio, alle discipline standard legate all’acqua (nuoto, pallanuoto, sincro).
Chi è acquaticamente ben ambientato ha molta più facilità di movimento nell’attività in verticale, mentre chi approccia al fitness acquatico per la prima volta ha difficoltà rilevanti
Sicuramente chi in gioventù ha praticato queste discipline ha molta più facilità di movimento nell’attività in verticale, ivi comprese le dinamiche molto complesse legate al galleggiamento. Ma con tutti coloro che invece approcciano al fitness acquatico, che non hanno confidenza con l’acqua, e sono tanti, come ci regoliamo? Immaginate che alla prima lezione, a qualcuno venga chiesto di calciare in tutte le direzioni, di fare rotazioni del busto rispetto alle gambe in galleggiamento, di cambiare continuamente atteggiamento del corpo da breve a disteso, in tutte le direzioni: come è possibile farlo? Pensiero del trainer: “ma intanto in acqua i rischi sono pressochè nulli e qualcosa succederà!”
