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Quando e come è possibile sanare un abuso su di una piscina

ph Manuela Cerri - Itaca Water

Cosa fare se ci si rende conto che la propria piscina è in tutto o in parte abusiva e si vuole sanare la situazione?

Questo articolo è stato pubblicato su HA Pool Construction di giugno, Speciale Estate

pennikov@yahoo.it

Ricordiamo che per la realizzazione o la posa di una piscina non è mai possibile procedere liberamente, ma è sempre necessaria una autorizzazione. A seconda della tipologia di vasca si va dalla semplice comunicazione di posa (piscina monta e smonta) sino alla richiesta di Permesso di Costruire (per piscine interrate di certe dimensioni o coperte) da presentare allo Sportello Unico Edilizia (SUE) in Comune.

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Ma cosa potrebbe capitare nel caso in cui a seguito di accertamento da parte del Comune venga riscontrato che l’installazione fatta risulta abusiva? Quali sono i margini per sanare l’abuso e a cosa si va incontro in termini di adempimenti e/o sanzioni?

Dove è necessario fare uno scavo e modificare in maniera permanente il suolo, è indispensabile richiedere una SCIA (nella maggior parte dei casi) o un PdC

E’ doveroso, prima di entrare nel merito della questione, fare un piccolo preambolo relativo all’inquadramento normativo delle piscine, in quanto nel Testo Unico dell’Edilizia (TUE, DPR 380/2001), tale manufatto/categoria edilizia non è normata in modo esplicito, cioè non si trova il riferimento alla parola “piscina”, lasciando di fatto molti margini di incertezza e discrezionalità sia in capo ai Comuni, sia ai privati interessati a installare nelle loro proprietà una vasca.

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È scontato che per una piscina interrata o seminterrata, quindi dove vi è la necessità di fare uno scavo e modificare in maniera permanente il suolo, vi sia la necessità di richiedere una SCIA (nella maggior parte dei casi) o di un PdC (impianti di certe dimensioni, con locali spogliatoio, coperte, funzionalmente autonome rispetto all’edificio principale); non si può certo considerarla come una vasca di raccolte acque (art. 6 – edilizia libera). Meno scontato cosa va fatto nel caso delle piscine fuori terra permanenti o smontabili, dove non vi è un indirizzo univoco in capo ai diversi Comuni e da parte dei privati si va alla possibile ricerca di una soluzione che eviti la richiesta dei permessi.

Nel caso in cui questa conformità non sia possibile la sanatoria è molto difficile da ottenere e si va quasi sempre verso l’ordine di ripristino dello stato dei luoghi, cioè la demolizione

Come prima cosa si può parlare propriamente di abuso quando l’opera realizzata avrebbe necessitato come titolo autorizzativo di SCIA o PdC; in tal caso i margini di una richiesta in sanatoria ci potrebbero essere, ma solo se l’intervento è conforme agli strumenti urbanistici vigenti e alle altre norme incidenti in materia (sanitarie, prevenzione incendi, paesaggistiche…). Nel caso in cui questa conformità non sia possibile la sanatoria è molto difficile da ottenere e si va quasi sempre verso l’ordine di ripristino dello stato dei luoghi, cioè la demolizione.

Sempre secondo il TUE, all’art. 6 bis, tutti gli interventi edilizi che non rientrano in edilizia libera (art. 6) o assoggettabili a PdC (art.10) o SCIA (art.22) sono realizzabili tramite la Comunicazione Inizio Lavori Asseverata (CILA). Se pensiamo a quanto scritto sopra relativamente alle piscine fuori terra, possiamo ipotizzare che questo sia il titolo autorizzativo richiesto dalla PA. Il profilo di irregolarità, in caso di mancata CILA,  è minore rispetto ad un’assenza o difformità di SCIA o di PdC e non si può parlare propriamente di abuso in quanto la normativa prevede la sanatoria sia a fine lavori (CILA tardiva 1000,00 € sanzione) che in corso d’opera (sanzione ridotta di ⅔ se il proprietario la presenta spontaneamente).

In caso di piscine più “impattanti” sia in termini dimensionali che di trasformazione del suolo e di opere edili connesse si deve fare riferimento come titoli abilitativi a PdC e SCIA.  La parte relativa agli abusi è normata rispettivamente agli art. 36 (interventi eseguiti in assenza o difformità del PdC o di SCIA alternativa al PdC e accertamento di conformità) e 37 (interventi eseguiti in assenza o difformità della SCIA e accertamento di conformità).

Nel primo caso le conseguenze vanno dall’acquisizione dell’immobile al patrimonio del Comune in caso di assenza del titolo o totale difformità dello stesso, alla demolizione in caso di difformità parziale. In ogni caso viene sempre applicata una sanzione amministrativa. Per poter sanare l’intervento, questo deve essere conforme agli strumenti urbanistici sia al momento della realizzazione sia a quello della presentazione della domanda in sanatoria (doppia conformità). Il rilascio del PdC in sanatoria è subordinato al pagamento del contributo di costruzione in misura doppia; in caso di difformità parziale questo viene calcolato in base all’aumento del valore venale del bene generato dall’intervento. L’interessato presenta istanza di sanatoria in comune che ha 60 gg di tempo per pronunciarsi nella modalità del silenzio rifiuto.

Per quanto concerne la SCIA, per ottenere il permesso in sanatoria vale anche in questo caso la doppia conformità. La sanzione è compresa tra 516 e 5164 euro ed è stabilita dal dirigente o responsabile del procedimento in relazione all’aumento di valore dell’immobile. La risposta da parte della PA è in termini di silenzio rifiuto. In caso di richiesta della sanzione, questa si ritiene consolidata all’atto del pagamento della stessa da parte del responsabile dell’abuso.

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Quando gli interventi sono in contrasto con la normativa vigente (norme sanitarie, di prevenzione incendi, paesaggistiche…), siamo di fronte ad un abuso sostanziale e la sanatoria non è quasi mai possibile. La risoluzione consiste nell’abbattimento delle opere realizzate abusivamente e il ripristino dello stato di fatto dei luoghi. L’unica eccezione possibile è nei casi in cui le opere realizzate abusivamente non possano essere rimosse senza pregiudicare la parte conforme. In tal caso la PA ricorre allo strumento della fiscalizzazione dell’abuso (artt. 33,34 e 38 del TUE). Rimane una scelta in capo alla PA scegliere tra abbattimento e sanzione (fiscalizzazione); non ha nessuna facoltà in merito il responsabile dell’abuso. La fiscalizzazione dell’abuso non è mai possibile in caso di assenza di PdC, totale difformità e/o variazioni sostanziali, restando solo l’abbattimento.

Ribadiamo con forza il principio fondamentale: non è possibile installare una piscina senza un titolo autorizzativo o una comunicazione al Comune e di diffidare da chi propone il contrario

Questi sono le possibili casistiche nelle quali si può incappare in caso di realizzazione di una piscina senza autorizzazioni o che queste siano difformi o non conformi alla normativa vigente. Abbiamo visto che la possibilità di poter accedere a permessi in sanatoria esiste, ma solo per casi limitati e comunque con sanzioni e maggiorazioni di costo per il rilascio del titolo. Ribadiamo quindi con forza il principio che non è possibile installare una piscina senza un titolo autorizzativo o una comunicazione al Comune e di diffidare da chi propone il contrario; la prima mossa da fare (a meno che non si tratti di una vaschetta gonfiabile del supermercato) è quello di contattare lo Sportello Unico Edilizia del Comune di competenza chiedendo quale sia l’iter possibile per la piscina che si vuole realizzare.

Scritto da Riccardo Pennati