Un articolo di Guido Martinelli su ItaliaOggi conferma posizioni condivise da personalità di spicco come Abodi, enfatizzando l’importanza della Riforma, ancor più per il lavoro sportivo
L’APPROFONDIMENTO DEL WEEKEND
Per quanto tutti attendano la Riforma dello Sport, sono diversi gli elementi che inducono a prudenza circa la reale applicazione della nuova legge come oggi viene presentata.
Si parla di emendare la norma su diversi punti e da wbox.it, a più riprese, abbiamo riportato voci autorevoli che caldeggiano la rivisitazione di alcuni provvedimenti previsti dalla Riforma: si sono pronunciati in tal senso Abodi, Malagò per citare personalità istituzionali di spicco, ma dello stesso avviso sono molti operatori e alcune associazioni di categoria, in particolare CIWAS che, con Andrea Pambianchi, ha sostenuto fin dall’inizio la necessità di emendare alcuni punti e di posticipare il varo ufficiale della riforma. A riguardo, abbiamo ripreso diverse volte pareri ed opinioni espresse anche dall’avvocato Guido Martinelli, esperto fra i più qualificati ed attenti alla questione.

E proprio ad un articolo di Martinelli, pubblicato su ItaliaOggi, colleghiamo queste considerazioni, perché aiutino ad orientarsi ed a capire di più. Meglio se guidati dal sapere e dalla competenza di chi a più riprese dialoga e si confronta con le autorità competenti, alla ricerca di una soluzione ottimale perché la Riforma entri in vigore senza penalizzare troppo un settore già parecchio provato da tre anni di crisi molto insidiosa.
Nello specifico Martinelli concentra la sua attenzione sul Lavoro Sportivo, aspetto ormai non più procrastinabile e fondamentale per le tutele di chi lavora nel settore. Materia che alimenta pareri non sempre allineati e importanti considerazioni: il nostro riesce ad interpretare, con una chiave di lettura sapiente, evidenze che alcuni preferiscono non rilevare. Probabilmente sono coloro che non vorrebbero si arrivasse all’auspicato cambiamento atteso dai più e di cui il settore sportivo ha reale, vitale necessità.
Da ItaliaOggi del 7 marzo

CORRETTIVI NECESSARI E CORRETTIVI MARGINALI
Tra le questioni importanti il rapporto delle federazioni con la P.a. e l’Irap
di Guido Martinelli
Sto seguendo le audizioni alla Camera sulla riforma dello sport, nel corso delle quali sono state formulate, in particolare sul lavoro sportivo dilettantistico, alcune proposte di modifica della disciplina che dovrà entrare in vigore il prossimo primo luglio. La prima impressione che ho tratto è che l’impianto della riforma funziona ed è apprezzato.
Non che mi aspettassi da tutti apprezzamento e condivisione, che comunque non sono mancati, per aver superato la precedente impostazione che vedeva tutti come dipendenti, aver precisato chi è lavoratore sportivo e aver fissato criteri per la qualificazione del rapporto, aver reso compatibile il terzo settore, aver importato le vere semplificazioni attraverso il registro, con enormi risparmi, e aver finalmente riconosciuto tutele ai lavoratori, in modo sostenibile per Asd e Ssd.
La mia considerazione discende dall’aver constatato che le proposte formulate riguardano aspetti marginali, sui quali si può certamente discutere, ma che non possono intaccare quello su cui non si può e non si deve tornare indietro: lo sport, maltrattato per decenni, esce dalla terra di nessuno contraddistinta da leggi e leggine di natura fiscale, rimesse alle necessità contingenti, come se l’unica cosa che può contare è vivacchiare tra compensi sportivi e zero tutele.

Una delle proposte che ho ascoltato, ad esempio, riguarda l’abbassamento delle aliquote previdenziali previste per i rapporti di lavoro subordinato sportivo al 25%, equiparandole a quelle applicabili alle collaborazioni coordinate e continuative per redditi fino a 25.000 euro. Su questo punto il correttivo non è intervenuto, ma se così dovesse essere, la riforma dovrebbe essere applicata sia ai rapporti di lavoro professionistici che dilettantistici, sulla base del presupposto, fissato nella legge delega, della unicità della prestazione di lavoro nei due settori.
Questo comporterebbe di conseguenza un minor ricavo per l’Inps e quindi la necessità di ulteriore copertura finanziaria, con il rischio di non poter indirizzare i soldi a vere priorità o, alla peggio, di bloccare tutto. Ma allora, mi domando, perché non esagerare e pensare, ad esempio, a ridurre le basi imponibile per il calcolo delle imposte dell’80% per dieci anni, invece del 50% fino alla fine del 2027?
La risposta è semplice. È facile fare proposte ma bisognerebbe calarle nella realtà, tenendo conto delle vere necessità e priorità di un mondo finora sommerso. In più questo creerebbe un salto di costi sui compensi degli atleti, nel passaggio dai 25 mila ai 26 mila euro. Ci sarebbe un otto per cento in più di costo contributivo sull’intero compenso, anche sui primi venticinquemila. E se io gioco in una squadra fino a giugno e percepisco ventimila euro e a settembre vado in un’altra dove ne percepisco 10.000, la differenza contributiva da versarsi sui primi ventimila euro chi la paga? La prima o la seconda società? A mio avviso modifica inattuabile, ma vedremo.
Lo stesso dicasi per una seconda proposta che ho ascoltato: affidare al Coni l’identificazione delle mansioni dei lavoratori sportivi. La proposta appare più politica che tecnica. Infatti alla fine … è già così.

Mi spiego: l’art. 25 del dlgs n. 36 prevede che l’identificazione dovrà avvenire non a discrezione delle Federazioni, bensì sulla base del contenuto dei loro regolamenti. Ma dovendo il Coni approvare i regolamenti, di fatto il Coni ha già il controllo che propone di assumere con questa proposta. Con buona pace, aggiungo, per le federazioni e il loro diritto ad autodeterminarsi nello svolgimento delle proprie attività e quindi di definire le mansioni rilevanti per la loro attività.
Ho ascoltato altre proposte con riguardo a prestazioni di natura occasionale, premi e direttori di gara. Tutte proposte che, in sostanza, consistono in richieste di defiscalizzazione. A parte il problema di non ricadere nel vicolo degli aiuti di stato, ci sono i soldi per la copertura finanziaria? E non ci sono modi migliori per spendere quei soldi, ad esempio sostenendo lavoratori e associazioni nel pagamento dei contributi?
Come ha detto il ministro Abodi nel suo intervento alla Camera, garantire lavoro buono a chi sceglie di operare professionalmente nel mondo dello sport è una missione che è stata avviata negli anni scorsi e che bisogna ora portare a compimento, rendendo ancora più efficace l’intervento, laddove è possibile. Ad esempio, in tema di dipendenti pubblici, altro argomento preso in considerazione nelle audizioni, si potrà chiarire che la norma, nel riferirsi ai beneficiari ai quali i lavoratori dello Stato possono rendere le proprie prestazioni verso corrispettivo, se autorizzati, include le Federazioni e le Discipline sportive. Questo è un chiarimento che appare assolutamente opportuno.
E aggiungo, perché non prevedere un meccanismo di silenzio assenso per semplificare il procedimento di rilascio dell’autorizzazione?
Visti questi ramoscelli vediamo se ci sono le travi. Faccio una premessa: tutto è migliorabile, l’importante è superare l’inerzia di chi nulla vorrebbe cambiare. Si potrebbe puntellare qualche trave. Penso alla visita da parte del medico del lavoro a tutti i lavoratori sportivi dilettanti. E poi l’Irap, occorre chiarire che, come in passato, non rileva neanche per i compensi superiori ai 15 mila.
Dal mio punto di vista questi sono i costi che ricadono sull’universalità del mondo sportivo dilettantistico sui quali è sicuramente più opportuno convogliare eventuali finanziamenti che lo Stato intendesse dirottare sullo sport.
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Fonte: https://www-italiaoggi-it.cdn.ampproject.org/c/s/www.italiaoggi.it/amp/news/correttivi-necessari-e-correttivi-marginali-202303071910219714