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Siccità: le piscine si vedono

I volumi di acqua complessivi richiesti dalle piscine, se paragonati a quelli dell'industria o dell'agrivoltura, sono un nulla ph Kindel Media by Pexels

Ecco perchè lasciare le piscine senz’acqua è solo un pretesto…

Questo articolo è stato pubblicato su HA Wellbeing di maggio-giugno

L’APPROFONDIMENTO DEL WEEKEND

prola@professioneacqua.it

Le grandi piogge del mese di maggio, culminate con le tristi esondazioni che hanno messo in ginocchio l’Emilia Romagna, hanno fatto dimenticare la crisi idrica del nostro Paese e che vive l’Europa. Un problema che purtroppo, complici l’emergenza climatica e le pesanti criticità sistemiche nazionali – su tutte la rete idrica colabrodo, si riproporrà: i centri sportivi in generale e le piscine in particolare hanno piuttosto trascurato questa inquietante minaccia. Tutte le attenzioni fino ad oggi sono state sul post pandemia, sul caro bollette e sulla riforma dello sport. Ma pochi stanno comprendendo quali ricadute potrebbe avere una crisi idrica irrisolta per il mondo sportivo e soprattutto per le piscine, che sono un servizio sociale fondamentale per la collettività e che al contempo sono posti di lavoro vitali per decine di migliaia di famiglie. Rossana Prola con questo articolo ci ridesta da una distrazione che non possiamo permetterci, spiegando che è piuttosto inutile chiudere le piscine per risolvere il problema della scarsità di acqua.

Manca acqua, non ce n’è abbastanza per tutti. Quindi, che si fa? È indispensabile eliminare gli sprechi e togliere ciò che non è essenziale. Ci siamo già passati, poco tempo fa, dall’essere considerati non essenziali, e ci siamo di nuovo. In una situazionedi crisi idrica, le piscine non sono indispensabili e non si riempiono.

Una piscina vuota è un danno per la collettività, ma anche per lavoratori e famiglie che vivono del lavoro nei centri acquatici ph Stefano Zanet by Pexels

Se non cambierà idea, il più grande acquedotto toscano, l’Acquedotto del Fiora, vieterà alle piscine pubbliche di utilizzare acqua dalla rete dopo il 31 maggio, mentre per le piscine domestiche è vietato da tempo. È una buona idea. Sostituire, nel territorio servito dall’Acquedotto del Fiora, lo spreco ambientale di acqua con un inquinamento da autobotti che vanno avanti e indietro è davvero una idea geniale. Anche perché non si può utilizzare acqua di rete, ma l’acqua potabile da dove la prendono le autobotti?

In una situazione di crisi idrica, le piscine non sono indispensabili e non si riempiono

Anche qui, come sempre, si parte da un presupposto errato, la convinzione che le piscine sprechino acqua senza criterio e senza attenzione, e che basti far loro spendere soldi per ridurre il consumo. Questa è pura ignoranza, non ci sono altre spiegazioni. In una piscina scoperta in estate evaporano da 6 a 10 millimetri d’acqua al giorno, il che significa che una vasca da 500 metri quadri di superficie perde per evaporazione fino a 5 metri cubi al giorno, più l’acqua necessaria al controlavaggio dei filtri e quella portata via dai bagnanti. Molto probabilmente lo scopo è quello di chiudere gli impianti senza dirlo esplicitamente.

Il discorso per le piscine residenziali, non certo essenziali, è diverso e sono già soggette a restrizioni nella fornitura di acqua ph Pixabay by Pexels

La situazione delle piscine domestiche è peggiore, perché quest’anno come l’anno scorso molti Comuni stanno emanando ordinanze che vietano il riempimento delle vasche, l’innaffiamento dei giardini ed il lavaggio dell’auto.

Per convenienza politica, lo scopo è quello di chiudere gli impianti senza dirlo esplicitamente

Da ciò si ricava una unica convinzione, cioè quella che le piscine non siano essenziali e possano chiudere senza gravi conseguenze. Ci si dimentica, o più probabilmente non si conosce affatto, tutto ciò che sta dietro ad una piscina: aziende produttrici, installatori, manutentori, gestori di impianti pubblici e tutto il personale relativo, oltre all’indotto che viene coinvolto da queste aziende (commercialisti, consulenti, fornitori di materiale di consumo e altro). Tutto questo, semplicemente, non esiste oppure è del tutto trascurabile.

Aggiungiamo a questo il fatto che una piscina richiama alla mente una immagine di serenità, di divertimento, di leggerezza. In una situazione di emergenza, non si può essere felici. Quando si devono chiedere sacrifici alle persone non si può lasciare alla vista una immagine piacevole e quindi le piscine vanno chiuse.

Il rischio è che le piscine si riducano a conteniori vuoti, infliggendo un colpo mortale al settore ph Francesco Ungaro by Pexels

Ci sono tanti altri settori che, seppure coinvolgano la parte più ricca della popolazione, vengono comunque protetti, pensiamo solo a titolo di esempio alla nautica da diporto od ai gioielli, per salvaguardare i posti di lavoro e l’indotto. Perché le piscine no? Perché la realtà delle piscine è per gran parte sconosciuta, ai politici come alla popolazione.

Quanta acqua consumano le piscine? Circa 8 milioni di metri cubi, nulla, rispetto al consumo globale di acqua

Per quanto riguarda l’industria manifatturiera, l’Istat rende noto che il volume di acqua complessivamente utilizzato ammonti (dati 2012, gli ultimi elaborati) a circa 5,5 miliardi di metri cubi. Il dato riferito all’ agricoltura – il settore che più consuma acqua in Italia – per l’irrigazione, è stimato in circa 11,6 miliardi di metri cubi (annata agraria 2009-2010). Il consumo di acqua da parte dell’industria è paragonabile al volume erogato agli utenti dalle reti comunali di distribuzione dell’acqua potabile, che ammonta a circa 5,2 miliardi di metri cubi (dati 2012, in diminuzione del 5,4% rispetto al 2008). Secondo le stime, l’industria del tessile e abbigliamento (inclusa la coltivazione del cotone) su scala mondiale consuma circa 93 miliardi di metri cubi di acqua all’anno. Significa il 4% dell’acqua dolce globale. L’abbigliamento, da solo, consuma 62 miliardi di metri cubi di acqua all’anno. In pratica, i due terzi dell’intero settore. Questi dati sono citati nel report A new textiles economy: Redesigning fashion’s future di Ellen MacArthur Foundation. 

Una piscina senza acqua è una sconfitta per tutti ph Mary Taylor by Pexels

Quanta acqua consumano le piscine? I comuni d’Italia sono 7 901, ipotizzando la media di una piscina pubblica per Comune, che contiene una media di 500 mc, avremmo un consumo di circa 8 milioni di metri cubi, calcolando un consumo pari al doppio del volume di ogni vasca. Nulla, rispetto al consumo globale di acqua. Potremmo aggiungerne altrettanti come stima sommaria del consumo di acqua delle piscine private, e non cambierebbe nulla nell’equilibrio globale.

Se si considerassero le piscine per quello che sono, al pari di una realtà produttiva, si comprenderebbe quanto sia inutile colpirle

Se si considerassero le piscine per quello che sono, al pari di una realtà produttiva, si comprenderebbe quanto sia inutile colpirle, se non per un comodo calcolo di convenienza politica.  Se si volesse intervenire in modo efficace si cercherebbe di limitare gli enormi sprechi in agricoltura e negli allevamenti, o si riparerebbero le perdite delle condutture degli acquedotti, pari mediamente a 40 litri ogni 100 immessi.

Il problema è politico, e dovuto al fatto che le piscine si vedono. Una piscina vuota, così come un giardino morto, dà l’idea immediata che si stia facendo qualcosa di concreto, e per di più appaga il sentimento di rivalsa sociale di molti.

È inutile quindi agire sul limitare il ricambio, sul cercare di rimuovere l’obbligo di vuotare la piscina e riempirla con acqua nuova almeno una volta l’anno, perché il consumo globale dell’acqua per le piscine non sposta di una virgola l’equilibrio. Tanto vale mantenere un’acqua sana. Il problema è un altro, è mantenere la piscina aperta. Perché la piscina si vede.

Scritto da Rossana Prola