Il nuovo focus di Beatrice Masserini è sull’esenzione IVA dal 2024: per ora riferita alle ASD e alle APS del Terzo Settore, senza però fare apparentemente riferimento alle SSD
Prosegue la serie di interventi di Beatrice Masserini di Studio Cassinis che, nella circostanza, aiuta a comprendere come regolarsi sull’esenzione IVA, ancorché non comporti alcun effetto ai fini dell’imposizione diretta e tantomeno per il calcolo del plafond.
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ESENZIONE IVA DAL 2024 PER LE ASD, MA IL REGIME TRALASCIA LE SSD
Il decreto Fisco-lavoro ha introdotto alcune novità ai fini Iva che saranno efficaci non prima del 1° gennaio 2024 e che interesseranno gli enti associativi, ivi incluse le realtà sportive dilettantistiche (ASD, articolo 5, comma 15-quater DL 146/2021 con legge 215/2021).
In particolare, saranno ricomprese in ambito Iva, ancorché esenti, tutte le prestazioni di servizi rese dalle ASD «strettamente connesse con la pratica dello sport o educazione fisica», comprese quelle svolte a favore di soggetti non tesserati.
Questa modifica, prevista al fine di allinearsi alla normativa UE in materia Iva, non facendo, però, espresso riferimento alle SSD, le società sportive dilettantistiche, lascia aperta una questione delicata in merito al trattamento Iva da riservare a tali enti sportivi che potrebbero vedersi contestare l’assoggettamento a Iva ordinaria anche delle prestazioni svolte a favore dei tesserati.

L’inserimento nel regime di esenzione delle prestazioni a favore di soci e tesserati, in ogni caso non comporterà alcun effetto ai fini dell’imposizione diretta né ai fini del calcolo del plafond per la legge 398/91, dal momento che per i proventi resta valida laprevisione dell’articolo 148, comma 3 del Tuir, che considera gli stessi non assoggettabili a tassazione.
Resta, invece, da chiarire se la riconducibilità nel regime di esenzione dei proventi derivanti da prestazioni aventi natura commerciale ai fini Ires possa comportare la necessità di calcolare gli effetti del pro-rata riducendo la percentuale della detrazione Iva forfettaria prevista dalla legge 398/91.
Trattandosi di un regime forfettario il problema non dovrebbe porsi, resta però auspicabile una precisazione normativa per escludere ogni dubbio in sede applicativa.
Discorso diverso, invece, per gli enti sportivi che decideranno di accedere al Terzo settore. Ove assumano la qualifica di associazione di promozione sociale (Aps), in attesa dei nuovi regimi fiscali, potranno non applicare l’Iva su tutte le entrate oggetto della revisione introdotta con il Fisco-lavoro a condizione che rientrino nel plafond dei 65.000 euro di ricavi annui. In tal caso, troveranno applicazione le disposizioni concernenti il regime forfettario già vigenti per professionisti e imprenditori autonomi.

Con il vaglio Ue sulla disciplina fiscale del Codice del terzo settore, le associazioni dotate della qualifica di Aps potranno poi beneficiare del regime di semplificazione previsto per tale tipologia di enti con entrate commerciali fino a 130.000 euro annui (articolo 86 del Cts).
Una previsione, quest’ultima, che opererà con riferimento ai proventi derivanti sia dalle attività di interesse generale sia dalle attività “diverse” svolte dagli enti, a prescindere dalla connessione con quelle istituzionali.