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Sport, fra falle della riforma e polemiche crescenti

Una riforma dello sport che alimenta crescenti malumori e diffidenze ph wayhomestudio by freepik

Incongruenze, dubbi, malumori, mugugni sulla norma che dovrebbe consegnare al settore uno sport più moderno e dall’operatività semplificata: sembra siamo ancora lontani da questo traguardo

L’APPROFONDIMENTO DEL WEEKEND

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Noi eravamo stati pacatamente postivi sulla riforma dello sport, in ragione dei tempi eccessivi, di passaggi poco convincenti e di alcuni buchi che i correttivi avrebbero dovuto sistemare, ma che il decreto dedicato allo scopo ha solo in parte aggiustato, lasciando irrisolte questioni non proprio lievi.

La notizia riportata da Italia Oggi che di seguito segnaliamo, dice molto anche se a sostegno della parte istituzionale-federale che da questa riforma ha molto da guadagnare. Il sistema sport in generale ha sicuramente accolto con entusiasmo la nuova legge ritenuta da tutti necessaria e fondamentale.

Abodi e Malagò non sono sulle stesse posizioni circa le osservazioni sulla legge dello sport ph ANSA

Ancor più l’introduzione della figura del lavoratore sportivo elimina un grave problema identitario e di dignità professionale di chi ogni giorno opera nel comparto sportivo: ma anche il primo beneficiario di questo cambiamento, il lavoratore sportivo stesso, per i gravami immediati che deve sostenere (ci si dimentica che i contributi versarti saranno premianti nel lungo periodo, quando il lavoratore raggiungerà l’età pensionabile) tenderebbe a cercare soluzioni disallineate da quanto prevede la nuova norma.

Di sicuro la legge dello sport era attesissima e noi per primi la caldeggiavamo, rimpiangendo la legge approvata nel 2017 e poi subito azzerata dal governo che di lì a poco si insediò.

E oggi che abbiamo la legge (palesemente perfettibile) non mancano obiezioni, riserve, proteste e osservazioni, alcune delle quali fondate e da noi condivise.

Il Legislatore intervenga dove serve porre rimedi a zone d’ombra e punti complicanti della nuova legge dello sport, altrimenti lo sport dal lamento passerà a rimostranze più energiche ph thetrimhub

La vera situazione paradossale che si è determinata con questa riforma è che, la figura cardine e più accreditata del settore, ovvero il laureato in scienze motorie, non gode di adeguata attenzione, anzi, la sua qualifica, secondo l’interpretazione della legge, vale meno della qualifica che può acquisire chiunque frequentando un corso abilitante per istruttore di una determinata attività o disciplina, organizzato indistintamente da federazioni o EPS, quindi con riconoscimento dal CONI. Corsi abilitanti che, in pratica, ingrasseranno le casse di chi li promuove, già beneficiando dell’obbligo di tesseramento per essere perché qualsiasi collaboratore possa essere un lavoratore sportivo.

Facendo un paragone con il mondo delle costruzioni, sarebbe come se una nuova norma migliorativa trascurasse o ignorasse la figura dell’ingegnere, ritenendo che alcune mansioni svolte da questa categoria di laureati vengano regolarmente svolte da un operaio specializzato o uno studente diplomato abilitato da un corso di 70-80 ore offerto da un ente afferente al comparto dell’edilizia o delle infrastrutture: ovviamente questo non può e non deve accadere.

Ci si domanda perché nello sport invece questo accada, svilendo la figura principe del professionismo dello sport con differenti indirizzi specialistici che il corso di laurea prevede: prevalgono l’importanza a) di essere tesserati b) di fare un corso abilitante, sovente dal contenuto modesto e lontanissimo dalla preparazione ampia su cui conta un laureato in scienze motorie. Vero, la laurea non è un indice di competenza e capacità professionale, ma è la base solida costruita in 3 o 5 anni di studi da cui si formano i professionisti più preparati finanche di punta. Ma se i dottori in scienze motorie non fanno il corso riconosciuto dall’ente legato al CONI, non hanno titolo per essere inquadrati come lavoratori sportivi da ASD e SSD. Una situazione che ha dell’incredibile ancor più se consideriamo tutti i tavoli tecnici cui sono stati chiamati i rappresentanti delle varie categorie del settore per essere ascoltati dagli “esperti” (?) della politica e delle istituzioni.

Tralasciamo poi la parte relativa alla burocratizzazione del sistema (una vera corsa ad ostacoli l’inquadramento del personale come lavoratori) che appesantisce di molto il lavoro delle società sportive e degli stessi operatori, creando maggiori dipendenze da notai (simbolo della burocratizzazione di un Paese) e commercialisti, i quali, a loro volta, impazziscono nel cercare di interpretare norme che dicono una cosa, poi contraddetta o non chiarita dal dicastero o organo competente che dovrebbe fare chiarezza in materia fiscale, contributiva, previdenziale od altro.

Il mondo dello sport rallenta e rivede in parte il suo entusiasmo per una riforma per ora non proprio riuscitissima ph luis-molinero by freepik

Un esempio viene dall’ultimo articolo ottimamente argomentato ieri, 27 ottobre, da Beatrice Masserini che, nel merito dell’iscrizione al RAS e della comunicazione della titolarità dell’impresa (nel nostro caso SSD o ASD) nella poca chiarezza interpretativa e per il rischio di sanzioni scrive

Il nostro suggerimento, comunque in via prudenziale, è quello di procedere anche da parte di ASD e di SSD alla comunicazione al Registro delle Imprese competente per territorio del Titolare Effettivo, a prescindere dal fatto che ASD e SSD siamo iscritte nel RAS ed abbiamo effettuato tutte le comunicazioni prescritte da compiere in tale Registro.”

Questo il link dell’intero articolo, veramente interessante https://wbox.it/11-dicembre-data-ultima-per-la-comunicazione-dei-titolari-effettivi/ https://wbox.it/11-dicembre-data-ultima-per-la-comunicazione-dei-titolari-effettivi/

Insomma, come spesso accade con le norme italiane, anche la riforma dello sport lascia (tante) zone d’ombra che non facilitano l’operatività soprattutto in materia di adempimenti cresciuti a dismisura.

Ma ad alimentare malumori e perplessità sono in prima linea proprio i vertici dello sport, come rileva in modo efficace Italia Oggi con questa notizia dove fra presidente della federazione Taekwondo, presidente del CONI e Ministro dello Sport emergono visioni diverse e botta e risposta non proprio concilianti. Potremmo dire che la riforma che tutti attendevamo, per come è stata confezionata, più che entusiasmare, scontenta un po’ tutti. Ma anche questo è molto italiano…

ANCORA POLEMICHE SULLA RIFORMA DELLO SPORT
Ieri, durante il consiglio del Coni, il presidente della federazione italiana Taekwondo Angelo Cito ha espresso alcune preoccupazioni sul nuovo impianto normativo
Sono preoccupato per la questione dei tecnici militari. E l’ho manifestato in un incontro con il ministro Abodi. È urgente che si chiarisca la situazione perché abbiamo tecnici che non possiamo utilizzare, che non possiamo pagare da luglio perché non sappiamo come pagarli”, le parole di Cito, riportate da Italpress
A rincarare la dose le parole del presidente del CONI Giovanni Malagò: “non siamo preoccupati, di più. Siamo a fine ottobre e abbiamo i Giochi a luglio, siamo nel pieno della preparazione olimpica. È una follia, ma io sono convinto che Abodi sia il primo a essere sorpreso, in buona fede, di questa storia”
Immediata la replica dal ministero dello sport: “la riforma approvata due mesi fa è stata scritta recependo tutte le osservazioni pervenute anche dal CONI per questo resto perplesso in merito ad alcune dichiarazioni che tradiscono lo spirito del lavoro comune, tanto più nel perimetro pubblico nel quale dobbiamo operare nel pieno rispetto reciproco, costruttivamente e per il bene di tutti”

In conclusione, un po’ di pepe nel confronto fra i numeri uno dello sport: sicuramente ci sarà un seguito.

Scritto da Marco Tornatore