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Un’impresa mai tentata, un sogno che diventa realtà, un inno alla determinazione e forza di volontà!

 

Sono tre aspetti della scommessa vinta da Marco Fratini, medico perugino cinquantenne, che è riuscito a nuotare per oltre 140 km facendo il giro completo del Lago di Garda in poco più di 60 ore. Attraverso le sue parole, vogliamo focalizzare aspetti che in qualche modo possono legarsi alla vita degli impianti sportivi, alle dinamiche di lavoro dello staff in funzione di obiettivi comuni.

Perché hai deciso di tentare questa impresa?

Ho deciso di tentare questa impresa perché desideravo “alzare l’asticella” rispetto a quello che avevo fatto fino a quel momento. Volevo fare qualcosa che lasciasse il segno, di unico. Il pensiero che nessuno avesse mai tentato nulla del genere, che sarei stato il primo al mondo a farlo mi dava l’adrenalina e lo stimolo per provarci. Mi piaceva far passare il messaggio che un obiettivo, per quanto possa apparire difficile, quasi impossibile, con la preparazione e la determinazione può essere raggiunto a prescindere dall’età.

La gioia di Marco Fratini e di tutto il suo Team al termine dell’impresa

Come si costruisce un’impresa di questo tipo, al limite delle possibilità umane, dopo che per anni non hai più nuotato?

Intanto ricominciando a nuotare. La mia inattività, in generale e nello specifico nel nuoto, non è stata breve. Circa 25 anni lontano dall’acqua e poi, quasi per caso, tornare a fare allenamenti semplici per il solo gusto di stare insieme ad amici ritrovati dopo tanto tempo come Master. Ho sempre prediletto le distanze più lunghe, quelle classiche da piscina e, dopo un paio d’anni, ho sentito la necessità di sperimentarmi in qualcosa di diverso, cercare i miei limiti in modo molto differente per i più, anche nuotatori. Il coach Stefano Candidoni sposò subito la mia idea di fare una 24 Ore di nuoto in piscina, che, a pensarci ora, ha quasi il sapore di una passeggiata di 70 km (quanto feci in quella occasione). Completata quella, siamo passati al giro del Lago Trasimeno, poi la 100 km in vasca da 25 metri ed infine, prima del Garda, alla 50 ore al lago Trasimeno. Tutte sfide che non avevano solo l’obiettivo di essere portate a termine, ma nel minor tempo possibile. Quando poi ho pensato al giro del Lago di Garda è come se avessi maturato esperienza, è come se avessi messo dei puntelli di certezze e, per quanto audace, tutto mi sembrava fattibile. Un passo alla volta, incastrando lavoro, famiglia, vita personale, perché non sono un professionista di nuoto.

Marco Fratini con il suo coach Stefano Candidoni, durante un breve briefing nella fase finale della sfida

Quali erano i pensieri più ricorrenti dopo che hai deciso ufficialmente di intraprendere questa sfida?

I pensieri più ricorrenti erano quelli che non sarei riuscito a superare tutte le difficoltà che avrei potuto incontrare, avendo a che fare con una distanza enormemente più lunga di quanto avessi fino a quel momento nuotato, ma soprattutto in un lago grande ed imprevedibile come il Garda. Ero sicuro che per quanto avessi/avessimo lavorato alla pianificazione del tutto, avrei potuto subire condizioni meteo pessime che mi avrebbero impedito di completare la sfida. Queste incognite sono state difficili da gestire, mi hanno tolto più di qualche ora di sonno facendomi spesso pensare solo negativo. Quando eravamo in piena fase di preparazione, ciliegina sulla torta, ho subito anche un infortunio alla spalla sinistra sciando e sono stato costretto al fermo totale per lunghissime settimane dalla fine di gennaio. Per superare tutto ciò è stato di fondamentale importanza l’intervento della psicoterapeuta e della fisioterapista del mio staff.

La fisioterapista, Cristina Amato, durante una delle pause di pochi minuti, tra una tappa e l’altra.

Come hai cercato di convincere coloro che ritenevi essere fondamentali a far parte dello staff, sapendo che avrebbero dato il loro contributo in modo assolutamente gratuito?

La prima persona che mi ha sostenuto in questo mio percorso è stato Stefano, coach e amico. Quando gli chiesi come avessi potuto ricompensarlo per il suo lavoro, neanche mi rispose. Non ci ho più provato. Fu lui che mi obbligò a costituire uno staff con nutrizionista, Aurora Amato, fisioterapista Cristina Amato, e psicoterapeuta Anna Frascella. Con questo staff ho affrontato la prima sfida, la 24 Ore, e con le stesse persone sono arrivato a completare il giro del Lago di Garda. Al pari del coach, anche loro, una volta conosciuto il progetto non hanno mai avanzato pretese economiche, focalizzate a dare il proprio contributo, maturando un’esperienza che anche nel contesto della loro professione andava fuori dalla routine. Più che uno staff, ho la presunzione di affermare che siamo “diventati” una famiglia. Per non parlare di alcuni amici che non hanno mai mollato nella loro operatività, trascurando lavoro, famiglia, la propria vita privata. Per me una esperienza umana incredibile.

Gli “angeli” in kayak: gli assistenti di rotta pagaiavano giorno e notte al fianco di Marco. Il loro fondamentale compito è stato quello di indicargli la traccia di ciascuna tappa.

 

Quali sono state le difficoltà di tenere sempre allineati tutti allo scopo?

Come dicevo prima, quando si crea una fortissima motivazione, tutti ben consci dell’obiettivo da raggiungere, non c’è bisogno di allineare le persone che ti stanno vicino. Ogni volta, come questa ultima sfida, io ho nuotato ma credo che il progetto non fosse solo il mio ma il NOSTRO. Ho scoperto l’importanza di questo aspetto tanto è che spesso sono stati proprio i componenti questo splendido Team a tenere allineato me.

Marco Fratini, con la psicoterapeuta Anna Frascella, durante una delicata fase dell’impresa

Essendo una cosa mai tentata, come hai trovato le certezze di cui avevi bisogno?

Con tanto tanto lavoro. Immaginando quello che poteva accadere, cercando di prevedere le condizioni peggiori possibili, riportandole tutti i giorni in allenamento, senza mai alibi di nessun tipo, mettendomi in gioco di più proprio nei giorni dove avevo cali fisici e mentali. Ho detto a me stesso che ogni allenamento era fondamentale, ogni giorno avrei messo un tassello al completamento dell’opera, grande o piccolo. Più test si facevano, più risultavano positivi, maggiore era la forza e la convinzione di andare avanti. Nei quasi 1000 km di nuoto che in 21 settimane mi hanno portato alla sfida del Garda ho sempre operato con Previsione, Prova, Risultato, Certezza.

Su cosa hai fatto affidamento per superare i momenti di difficoltà nei lunghi mesi della fase di preparazione?

Sulla famiglia, lo staff e gli amici, non in ordine d’importanza ma tutti sullo stesso piano. Lo staff più “tecnico”, come detto, mi è sempre stato vicino nei momenti di sconforto: per una andatura in acqua che sembrava lenta, per un peso che a volte non calava come avrebbe dovuto nonostante i sacrifici nell’alimentazione, per un fastidio o un dolore inaspettato soprattutto alla spalla fratturata, per i pensieri negativi che a volte arrivavano inaspettati e dirompenti. Ho sempre trovato conforto e stimoli in loro. Sicuramente sulla mia compagna Barbara, persona fondamentale della mia vita: un punto di riferimento, una sicurezza su cui so che posso sempre contare al di là dei sentimenti che mi legano a lei. I miei figli che mi hanno sempre dato un’energia incredibile. I miei genitori che pur avanti con l’età non si sono tirati mai indietro. Tutti gli amici che non mancavano mai di dare un messaggio positivo.

Quanto ti sentivi protetto e al sicuro sapendo che avevi uno staff di persone che ti seguiva passo passo nell’impresa?

Quanto mi sentivo protetto? Completamente. Mi sono sempre affidato totalmente a loro, alla enorme professionalità e dedizione. A volte non capivo perché devo fare certe cose, ma ho cosi fiducia in loro che so che tutto ha un senso ed è programmato. Quindi agisco senza discutere. So che se seguo loro alla fine il risultato arriva. Non ho mai avuto bisogno di avere spiegazioni sulle attività da fare, fiducia totale dopo aver delineato la strada ed i compiti di ognuno. In più, in questa occasione, ho incontrato tantissime persone del posto che mi hanno dimostrato un affetto, una amicizia, un calore che ancora ora stento a credere. Una barca di appoggio della Protezione Civile, un gruppo di amanti del kajak, un velista esperto delle condizioni del Lago, il Circolo Canottieri Salò che è stata la base, punto di partenza ed arrivo. Tante persone impagabili, che mi hanno seguito, sempre, giorno e notte, senza mai abbassare la concentrazione.

Marco nuota sotto l’attenta supervisione del suo Staff, sempre con lui giorno e notte

 

Se si può quantificare, quanto un’impresa del genere è stata per te stesso o per tutte le altre persone che a vario titolo ti sono state vicine?

Posso affermare che imprese di questo tipo si fanno sicuramente, in primo luogo, per sé stessi. Sono pienamente cosciente però che senza gli altri, tutti, ognuno con il suo contributo, non avrei fatto nulla. E il fatto di sapere che lo fai anche per chi su di te ha investito molto ti da grandi responsabilità. Come la causa che ho scelto di portare avanti ormai da anni, quella della raccolta di fondi per l’Associazione Italiana Sclerosi Multipla: sapere che ci sono persone che lottano una vita con la malattia mi ha spinto sempre a dare meno peso alle difficoltà che ho affrontato, tutte risolvibili. Se volessimo quantificare in percentuale, direi comunque che un 60% è per me, un 40% lo dedico a tutti coloro che mi hanno aiutato.

Scritto da redazione